di Massimo Cappelli
marzo 2016
La fine degli anni Settanta, complice il successo cinematografico “La febbre del sabato sera”, fu la linea di demarcazione fra la moda dei dancing, nei quali in tutta Italia suonavano, con tanto di uniforme, i complessini locali, e la novità delle discoteche, con la nuova figura del D.J. e l’avvento della disco-music; più o meno la stessa che è in voga ancora oggi. Nei primi anni Ottanta anche Quarrata vide la sua prima discoteca, grazie ad alcuni giovani che con tanta determinazione riadattarono la vecchia sala da ballo del Tamburo della Luna. Nacque così il Go Dance, il locale tutto nostrano che per qualche anno appagò la smania dei “Tony Manero” quarratini. Tre di questi ragazzi, (ormai non più ventenni) sono venuti in redazione a raccontarci questa storia, e sono: Corrado Gemignani, allora giovane presidente del Consiglio della Casa del Popolo; Maurizio Maggini, “D.J. resident” del Go Dance, a quel tempo neo vincitore del Disco Argento, la gara regionale fra D.J. che fu tenuta al New Jimmy di Montemurlo; Marco Aiuti, assiduo frequentatore della Casa del Popolo e da sempre appassionato di musica che diventò direttore di sala.
Al Go Dance, in un primo momento, si ballava solo la domenica pomeriggio: fu per questo che, oltre alla costruzione della cabina del D.J. che i ragazzi fecero con le proprie mani, furono oscurati anche i vetri. Con un notevole investimento che Corrado riuscì ad avere convincendo il consiglio, oltre all’innovativo “ufo”, che rifletteva e scomponeva la luce dal soffitto, fu acquistata anche la macchina del fumo, che allora si poteva vedere solo nelle storiche discoteche fiorentine. La bravura di Maurizio fece subito eco in tutta la piana, per cui iniziarono a ballare anche la sera del sabato e della domenica, e ogni apertura vantava circa cinquecento ingressi. Erano i tempi in cui imperversava la moda della musica dance; poi prese il sopravvento quella afro-cubana, e i divulgatori più accreditati in campo nazionale erano i romagnoli D.J. Ruben, D.J. Mozart, D.J. Spranga e “l’Ebreo”. Tutti e quattro, nel giro di un mese, un sabato dopo l’altro, si susseguirono al Go Dance, pretendendo, per allora, cifre da capogiro.
«Fu una pazzia», ci racconta Marco «programmare dei nomi così importanti senza alcun contratto, facendo anche pubblicità coi manifesti in tutta la piana e a Radio Zero, una emittente aretina connessa a questo tipo di musica. Per fortuna, però andò tutto per il verso giusto». Anche se quelle quattro serate riuscirono a soddisfare i più assidui frequentatori e gli occasionali che vennero da fuori Quarrata, la dance-music di Maurizio faceva sempre da padrona perché lui aveva uno stile proprio: il riferimento erano le tendenze musicali del momento, “afro” compresa, adattandole però in un mix molto apprezzato dalla cultura del nostro territorio. All’epoca seguendo la regola dei vecchi dancing, che alternavano la musica da ballo ai lenti, in parecchie discoteche, per ogni ora di disco-music, il D.J. metteva tre o quattro pezzi lenti. Maurizio mise un’altra moda: per ogni ora e mezzo di disco-music, un quarto d’ora di rock, con la musica dei Rolling Stones, dei Deep Purple e dei Led Zeppelin, per poi tornare alla disco. «La sigla di inizio», ci racconta lui stesso, «faceva ogni volta accapponare la pelle: iniziavo al buio, con una musica lontana promulgata da una sola cassa. Progressivamente alzavo la musica fino a farla irrompere in tutta la grande potenza dell’impianto che la faceva vibrare nell’aria ed entrare dentro a tutti attraverso lo stomaco. Il tutto con una coreografia di giochi multicolori e di luci in movimento, sparate sul fumo che si alzava dal basso della pista. E infine, tutti si tuffavano a ballare catturati dalla mia musica. Ogni volta era veramente un tripudio di emozioni».
Le stesse emozioni si potevano rivivere anche durante la settimana su Radio Rombo, infatti, nel programma di Italo Nardini, arricchita dai suoi commenti, passava integralmente la musica che Maurizio aveva mandato il fine settimana precedente, dalla cabina (fatta in casa) del Go Dance.
La vera missione di questo locale, oltre al puro divertimento, fu proprio, come spiegavo all’inizio, quella di gestire il cambiamento di due culture musicali legate a due epoche: una più melodica, iniziata già dal dopoguerra, passando per gli anni Sessanta, che diventò poi più scalpitante, rockettara e contestatrice negli anni Settanta; e un’altra che vide l’avvento della disco-music, e che fu l’inizio del periodo in cui viviamo, dove i nostri figli, ancora oggi, ballano iniziando dall’una di notte. Questo locale durò per circa tre anni, lasciando il posto a Discolandia di Giancarlo Finocchi (Baffino), del quale parleremo sicuramente più avanti. In tutta sincerità il Go Dance, costruito ad arte, con mezzi di fortuna ma con tanta passione da tre o quattro giovani, preparò Quarrata al futuro successo del Byblos, del quale abbiamo già parlato in passato (per vedere quell’articolo www.noidiqua.it), aperto a metà anni Ottanta e realizzato con un cospicuo investimento di denaro e con tutti i crismi, da fare invidia alle ben più famose discoteche della Riviera Romagnola.
L’adesivo riportato in questo articolo, fa parte della serie realizzata da Eike Besser, in collaborazione con Nicola Raimondo che all’epoca curava l’immagine del Go Dance.