di Carlo Rossetti
Ci mancava anche questo! Come se non bastasse, ai tanti video giochi esistenti, si è aggiunto anche il Pokémon Go. Così, colui che si divideva tra il mondo reale e quello virtuale, ha finito per avere un’occasione in più per eclissarsi. Chi si dedica a questo gioco ha bisogno di molto tempo, perché ha da inseguire i Pokémon che qualcuno ha avuto l’idea d’inventare, più per il proprio tornaconto che per il piacere altrui. Perciò chi gioca, deve perlustrare zone della città o del paese, alla ricerca del tanto agognato mostriciattolo e catturarlo appena individuato. Dobbiamo ammettere la nostra incapacità nel comprendere il piacere che ne deriva, rimasti come siamo per mentalità vecchia alla ricerca dei funghi, appassionante utilizzo del tempo che ripaga delle fatiche con i piatti che si possono fare in cucina.
C’è forse una giustificazione in questo desiderio di affidarsi al mondo virtuale ed è quello di allontanarsi dalla realtà fatta di violenza, specchio di una società disorientata e priva di valori, a cui si può riconoscere, solo in alcune occasioni, una parvenza umana. Si può spiegare forse così il bisogno di fuga, come un pretesto di ritrovare un sogno; un’ opportunità anche di riprendere fiato. I risultati di questa nuova passione, ma meglio dire mania che in molti casi sfiora l’ossessione, sono i continui incidenti che si verificano durante la caccia ai Pokémon.
C’è chi imbocca con l’automobile una strada contromano, come è successo, perché amando questo gioco non può trattenersi dal farlo anche in macchina, con il rischio di essere lui la preda di un mezzo che arriva in senso contrario; chi invece finisce in una buca perché non guarda dove mette i piedi nella ricerca dell’animaletto. C’è pure chi, ricoverato in ospedale, si metta a cercare il Pokémon in attesa di finire la flebo e a un tratto, intravistolo nel corridoio, pensi bene di scendere dal letto con tutti i tubi attaccati, per catturare la tanto agognata preda. Così da inseguitore, diventa inseguito dagli sbalorditi e imprecanti infermieri. Oppure colui che, intento nella perlustrazione, non si sia accorto di essere entrato in un negozio, sentendosi così dire dal proprietario: «In che posso esserle utile?» «Cerco un Pokémon». L’altro, che non sa di che cosa si tratti, per non dimostrarsi ignorante al riguardo, gli risponda: «Mi dispiace, ma è un articolo che non trattiamo». Ma l’incidente che più frequentemente avviene, sono le tremende zuccate che i giocatori distribuiscono parimenti a lampioni, muri e quanto ancora la testa, perennemente abbassata sul telefonino incontri sulla sua strada.
Tanto che non ci sarà da meravigliarsi se qualche azienda lungimirante, metterà in commercio appositi caschi per mettere al sicuro la testa che, già precaria per il fatto di essere impegnata in un gioco come questo, non è prudente esporla a urti che l’aggraverebbero.