di David Colzi
settembre 2016
Antonio “il fabbro”, a Barba lo conoscevano proprio tutti, anche perché molte case della frazione, ma non solo, ospitano ancora oggi i suoi manufatti quali cancelli, inferriate, ringhiere e altro. Insomma con le sue mani “grosse e consumate”, come ha scritto il nipote Dario in una lettera letta durante il funerale, realizzava proprio di tutto, con un’inventiva da vero artigiano di una volta. «Mi ricordo ancora quando per un cliente di Quarrata curvò a mano un’intera ringhiera solo con l’aiuto del martello» dice la figlia Giovanna. Sempre il nipote Dario scrive nella sua lettera al nonno: “Hai sudato tante camice, bucato tante canottiere, e sporcato ogni tipo di veste, ma nonostante ciò hai sempre ottenuto grandi risultati. Riuscivi a pensare e ad inventare cose che nessuno avrebbe pensato mai, eri un ingegnere senza laurea, molto meglio”. Purtroppo nel giugno di quest’anno Antonio è venuto a mancare dopo una lunga malattia; appresa la notizia, sono state tante sono le persone che hanno voluto manifestare vicinanza alla famiglia, e non solo qui a Quarrata.
Nato in provincia di Benevento e ultimo di 8 figli, arrivò da noi in località Babbone (Lucciano), sul finire degli anni ’50. «Quando venne a Quarrata possedeva solo una valigia, e fu grazie alla generosità di una persona del luogo se riuscì ad avere qualche paio di scarpe in più;» precisa Giovanna. «e siccome non aveva soldi per pagarlo, gli vangò a mano tutto il campo». Dopo aver lavorato come contadino per la fattoria Baldi Papini e poi come operaio a Prato, iniziò nel 1974 la sua attività di fabbro, un lavoro che ha portato avanti con passione fino al 2000. Per dieci anni, ha potuto contare anche sulla collaborazione del figlio Vincenzo.
Classico uomo che si è fatto da solo, Antonio Icolari è stato un esempio anche per i nipoti Leonardo, Letizia e Dario. A tal proposito la figlia Giovanna ricorda: «Spronava sempre i nipoti a studiare, ricordandogli che da bambino lui non aveva neanche i soldi per comprarsi il compasso». Oltre il lavoro, le altre sue passioni erano l’orto e la caccia; a quest’ultima aveva potuto dedicarsi assiduamente dopo la pensione, quando si trasferì con la moglie nel Mugello per 10 anni, per fare il guardiacaccia in una riserva venatoria, prima di tornare nuovamente a Barba.