di Marco Bagnoli
giugno 2016
Moisè Cecconi nacque a Jolo di Prato il 19 febbraio 1870. Nella prima parte della sua lunghissima vita, protrattasi sino ai novantaquattro anni nel 1963, Moisè intraprese il cammino della propria formazione, formata dalla licenza classica al Cicognini di Prato e proseguita con gli studi universitari purtroppo interrotti per un non meglio identificato evento familiare – il che non gli ha impedito di continuare per conto proprio l’approfondimento di latino, greco, inglese e francese, lingue che conosceva alla perfezione. Le conoscenze linguistiche si riveleranno preziose allorquando conoscerà la sua seconda moglie, Carolina Le Liévre de St. Remy, una canadese che soggiornava a Firenze coi sei fratelli e sorelle per imparare le lingue, secondo l’uso di famiglia. Il loro matrimonio si svolgerà proprio in Canada, a Kingston, sul lago Ontario, nel 1904 – viaggio di nozze alle cascate del Niagara. Il viaggio americano si rivelerà più lungo del previsto a causa di un incidente nautico nel porto di New York, in occasione del quale Moisè dette prova delle proprie doti sportive salvando a nuoto diversi passeggeri, un po’ come gli era capitato, sullo scorcio del secolo prima, di salvare diverse donne dall’annegamento nell’Ombrone, nel corso di una gita in barca.
L’esperienza americana è anche all’origine di una particolare suggestione, quella che costituirà lo spunto per la sua “Farmacia dell’anima (eccetera)”, un manoscritto inedito oggi nelle mani del nipote quarratino Patrizio, molto conosciuto in quanto fra i protagonisti di Radio Rombo, che si sta occupando di riversare nel blog dedicato al nonno, un po’ alla volta parte del testo.
Lo colpì in particolar modo il fatto che una farmacia vendesse non solo farmaci ma anche disparati articoli di uso quotidiano: “dopo che alcuni furono serviti di medicine, udii una vecchia signora chiedere del panico per il suo canarino e poi una scatola di fiammiferi. Ciò mi sorprese. Seguì un giovanotto che domandò una lenza e certi ami speciali; allora guardai la scritta nel vetro dello sporto, pensando di avere sbagliato negozio. No, non avevo sbagliato ero proprio in una farmacia. Venuta la mia volta e servito, uscii nella strada col mio pacchetto. Sentivo dentro di me una specie di solletico, e mi tornarono a mente i versi dell’Ariosto: “Chi va lontan dalla sua patria, vede/Cose da quel che già credea lontane;/Che, narrandole poi, non se gli crede,/E stimato bugiardo ne rimane”.
Moisè ebbe tre figli e diversi nipoti, per i quali fu un padre e un nonno fuori dell’ordinario. I figli in particolare sono da lui definiti despoti adorati: “Sono questi che ci conducono con le piccole tenere mani dove a loro piace, sono gl’inermi che ci disarmano, i despoti adorati ai quali è dolce ubbidire. E sono essi che saggiano il similoro del nostro sapere con la pietra di paragone della loro inesauribile curiosità. – Babbo, perché Iddio ha fatto i lupi che mangiano i bambini? Babbo, come ha fatto Iddio a farsi da sé?”
Scrisse novelle e racconti, aforismi e perfino un’opera teatrale, il dramma “Sulla via di Damasco”. Parente di Ardengo Soffici che indirizzò negli studi conobbe D’Annunzio e il Pascoli e fu in corrispondenza con Emile Zola. Collaboratore del Marzocco, tra i fondatori de La voce. L’attività maggiore la dette alla narrativa con il romanzo “La fidanzata del vento” (1934) ed alcuni volumi di racconti: “Il primo bacio ed altre novelle bizzarre” (1916), “La principessa ermetica ed altre novelle” (1911), “Racconti per convalescenti” (1916) e “Elogio della perfetta ignoranza” (1927). “Il taccuino perduto” (1915), una serie di pensieri e riflessioni sulla vita del tempo.
Il blog di Patrizio Cecconi: patrick-farmaciadellanima.blogspot.it