di Luciano Tempestini
marzo 2021
“La gratitudine è un sentimento che invecchia presto” sosteneva Aristotele e per quanto riguarda il ricordo di Polo Donati, questo aforisma calza alla perfezione. Infatti parliamo di una persona che è stata fondamentale per lo sviluppo del teatro quarratino e per la nascita di una cultura teatrale nella nostra città all’epoca del “boom economico”, ma nonostante ciò è quasi completamente dimenticato e nei libri di storia locale non viene mai citato se non con brevissimi incisi. Noi cercheremo di colmare questa lacuna.
Polo Donati era nato nel 1929 a Vignole, da una famiglia di artigiani; il suo babbo Marino era un “fabbro carraio”, cioè era un meccanico di barrocci, e si occupava di riparare sia le parti in legno che quelle in ferro. Chiunque abbia conosciuto Polo, lo ricorda come una persona di carattere espansivo e dalla mente eclettica, indaffarato fra mille attività: ad esempio, nel suo tempo libero faceva anche il campanaro per la chiesa di Vignole.
Verso i 20 anni si avvicinò al teatro locale, prima come spettatore, e all’epoca c’era a Vignole una Filodrammatica, che nel secondo dopoguerra prese il nome “Gino Melani”, in memoria del suo direttore nel periodo prebellico. Polo era un bel giovanotto molto ambito dalle ragazze e il suo aspetto non passò certo inosservato, tanto che fu invitato ad entrare nella compagnia come primo attore. Con lui c’era anche l’amico Francesco Bonti, un altro personaggio che ha dato molto al teatro amatoriale quarratino e di cui abbiamo già parlato nel numero di dicembre del 2018. Con Polo e Francesco la Filodrammatica “Gino Melani”, mise in scena molte commedie brillanti scritte da autori italiani e stranieri. Polo si occupava un po’ di tutto, dalla regia, alla sceneggiatura, fino ai trucchi di scena. Da sottolineare che all’epoca gli attori e i tecnici venivano racimolati fra gli amici del circolo di Vignole o fra coloro che venivano ad assistere alle prove, proprio come era accaduto al nostro protagonista. Nonostante l’impronta amatoriale e talvolta improvvisata della compagnia, la Filodrammatica riuscì ad avere un paio di anni di soddisfazioni, andando in scena non solo in provincia di Pistoia. Certamente il piccolo teatro della parrocchia di Vignole era sempre pieno, sebbene potesse contenere al massimo centoventi persone… ma bisogna considerare che negli anni ’50 nei paesi non c’erano molte persone interessate al teatro.
Fu proprio calcando i palcoscenici locali che Polo venne notato e gli fu proposto di fare un provino nientemeno che a Cinecittà; così quel ragazzo di campagna intravide la possibilità di trasformare la sua passione in un mestiere. Purtroppo le cose presero un’altra piega, perché poco prima della sua partenza, Polo rimase coinvolto in un incidente domestico, quando gli esplose in mano un petardo artigianale da lui realizzato, e per questo perse tre dita della mano sinistra, rimanendogli solo il mignolo e il pollice. Però, ad onor del vero, ancor prima dell’accaduto, Polo aveva avuto il diniego del padre di andare a Roma, poiché aveva bisogno di lui nel laboratorio, ma chissà, forse per seguire il suo sogno, quel giovane di belle speranze avrebbe potuto disobbedire all’autorità paterna. Non lo sapremo mai.
Chiusa per sempre quella porta, e dopo un più che legittimo periodo di sconforto per l’occasione persa, Polo si sposò con la sua fidanzata Alba, ritrovando una certa serenità. Inoltre rinsaldò pian piano il suo sodalizio con Francesco Bonti, che lo portò nuovamente alla Filodrammatica. Stavolta decise di occuparsi solo della regia e si circondò di persone più qualificate, provenienti anche da fuori Vignole. Così dalla fine degli anni ’60 a metà degli anni ’70, Polo Donati divenne il fulcro del teatro amatoriale di qua. Ci tengo a precisare che in quel quinquennio o poco più, sono stato anch’io dentro la Filodrammatica, prima come suggeritore, poi come spalla e all’occasione ho persino sostituito qualche attore in defezione improvvisa. Quello fu un altro splendido periodo di trasferte fra Pistoia e Prato, con diverse commedie brillanti messe in scena, e tutti noi riscuotemmo, nel nostro piccolo, un certo successo. Fra palco e realtà, sbocciarono persino amori che portarono a fidanzamenti e matrimoni fra gli attori. Quando, intorno al 1974, la “Gino Melani” si sciolse, tanti dei suoi protagonisti come Francesco Bonti, Carlo Spini e Giancarlo Gori andarono ad arricchire la Filodrammatica di Vivaldo Matteoni. Il resto, come si usa dire, è storia.
Polo Donati morì circa un decennio dopo, nel 1983, a causa di una malattia improvvisa.
In conclusione, voglio rammentare ai ragazzi di oggi che quando io ero giovane, le realtà come quella della Filodrammatica rappresentavano molto più di un semplice passatempo, perché erano soprattutto un piccolo universo fatto di tante occasioni di arricchimento personale. Lì, ad esempio, si potevano leggere dei testi e conoscere autori che altrimenti sarebbero rimasti appannaggio di pochi abbienti, cioè di coloro che avevano in casa dei libri, che notoriamente scarseggiavano nella maggior parte delle abitazioni. Poi il teatro aiutava noi ragazzotti senza arte né parte a stare in mezzo agli altri, a confrontarsi col mondo esterno e a vincere le proprie timidezze; insomma il teatro ci formava il carattere e ci preparava alla vita. Perciò non esagero se dico che Polo è stato per me, non solo un grande amico, ma anche un Maestro, del quale serbo un caro ricordo. «O grullo, la vita è una recita; c’è chi riesce a viverla da primo attore e chi sarà sempre una comparsa. Tu cosa vuoi essere?» mi diceva ogni volta che, durante le prove arrossivo o balbettavo per una battuta dimenticata. Parole come queste mi sono servite anche quando ho abbandonato la Filodrammatica e ho cercato il mio posto nel mondo. Quindi anche voi cari giovani, sceglietela bene la vostra parte in commedia.