il mio incontro col Covid

il mio incontro col Covid

di Carlo Rossetti. Ph: Foto Olympia

dicembre 2020

E’ proprio vero. Per dirla con il grande Eduardo “Gli esami non finiscono mai”. Quando meno te lo aspetti, senza nessuno avviso o sentore, ti ritrovi in stato di assoluta precarietà, con la sola forza dettata dalla disperazione, sottile membrana dell’anima pronta a lacerarsi.

Intendo parlare della mia avventura in seno al Covid 19, che mi ha catapultato da un momento all’altro in un paesaggio che ricorda tanto quello lunare. Smarrimento, angoscia, ricerca mentale di una via d’uscita che però non si trova. La sensazione è quella di trovarsi in trappola da cui non si possa più uscire. Non avrei voluto parlare di me per una questione di riserbo, ma se lo faccio è nella speranza di un contributo a coloro che purtroppo avranno da sostenere altri esami della vita. Fortunatamente per quell’imperscrutabile disegno del destino, ora sono qui a raccontarlo, anche se, non più affatto giovane, la cosa poteva concludersi con qualche fiore di contorno. Ma a ciò va aggiunto il grande valore dei medici, l’impegno, lo spirito di abnegazione, il combattere a fianco del paziente. Perciò è a tutti loro, che ho conosciuto e non, perché nascosti dietro la tuta lunare, che va il senso profondo della mia gratitudine.

Notte e giorno ossessionato dall’emissione di un bip, proveniente dall’attrezzatura per l’ossigeno di un mio sfortunato compagno di viaggio. Sulla parte di fronte un orologio zelante con un frenetico ballettìo della lancetta dei secondi, pareva volesse anticipare i tempi, ma era soltanto illusione. Chissà perché un’infantile reminiscenza legata a Pinocchio, più volte mi abbia fatto desiderare di lanciare un telecomando, un qualcosa insomma all’indirizzo del malcapitato orologio, come se esso fosse il grillo parlante della favola. Si cerca con la mente, pur nella precarietà della situazione emotiva un ancoraggio per non cedere definitivamente. Talvolta, un tenue filo di luce, che filtrava timido da una tapparella, ridava fiato alla vita, alla speranza. C’è ancora una via allora,forse tutto non è perduto. Ed è stato così. Al lato un televisore, fortunatamente sempre spento, tranne una volta in cui la suadente, ineffabile, dolce, melliflua, accattivante, Barbara Palombelli, ci parlava nell’ora di pranzo di tumori e affini. Non avremmo potuto chiedere di meglio.

Voglio ringraziare tutto il personale medico che mi è stato vicino. A esso va i sensi della più profonda gratitudine; a coloro che ho conosciuto solo attraverso la voce, ai sorrisi irriconoscibili ma autentici dietro la lunare tuta spaziale. Un cordiale ringraziamento alle dottoresse Francesca Baroni e Federica Tesi, la quale, con garbo, ogni mattina, interpretava la versione femminile di Alberto Zangrillo, per informare sulle mie condizioni di salute, la mia famiglia in attesa. Ma soprattutto un abbraccio forte, forte a tutti. Nessuno escluso. Grazie!

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