tratto dal quotidiano “La Nazione” a firma di Giancarlo Zampini
Si è chiusa con notevole successo di pubblico, presso i locali del “Centro Parrocchiale” di via San Lorenzo a Quarrata, la mostra di pittura, “I colori della Poesia” di Loriana Capecchi, insegnante presso la scuola elementare di Santa Lucia. Un debutto, o quasi, per la più affermata poetessa quarratina, che da circa sei anni si dedica con passione anche alla pittura.
È intenzionata ad riscuotere analogo successo anche con tavolozza, colori e pennelli? <<La poesia mi ha dato, e mi da molto>>, dice Loriana Capecchi, <<mi sento gratificata, tanto che continuerò a scrivere fino a quando potrò, ma la pittura e il disegno sono amori giovanili che non si dimenticano: sono stata incoraggiata in età adulta dal comune di Quarrata che organizzò dei corsi di pittura presso la sezione distaccata dell’Istituto d’Arte Policarpo Petrocchi. Un indirizzo che dovevo prendere quando mi iscrissi alle scuole magistrali di Pistoia: mio desiderio era frequentare l’Istituto d’Arte di Firenze, ma era difficile da raggiungere perché troppo lontano>>.
La pittura di Loriana non ha bisogno di essere tradotta, tanto è chiara e pura, ricca di colori ma delicati, precisa, senza nessuna forzatura: splendidi i suoi cavalli, gatti, cani e uccelli. Di analoga bellezza anche le marine e tutti i soggetti religiosi. Il futuro di Loriana Capecchi allora si dividerà fra poesia e pittura? “Si, anche se la poesia mi sta dando molto”. Tantissimo aggiungiamo noi, basta vedere risultati ottenuti nei vari concorsi, ne ha vinti 15 nell’ultimo periodo. Fra questi il premio “Mimesis” di Cordici in Campania, “Oreste Pelagatti” a Itri di Teramo, a Coreglia, in Garfagnana premio W.Ciapetti, al Concorso “Una Poesia per l’infanzia” a Macerata, premio “Picwick” Pavia, a Castelnuovo Val di Cecina, Pisa.
Con l’uscita di “Dodicesima Luna” sono salite a 12 le pubblicazioni di Loriana Capecchi entrate nel circuito librario della poesia.
Da semina a semina il conto degli anni
Mia madre si svegliava con le stelle
per impastare nella madia il pane
o appendere lenzuola a cieli d’alba.
Tacevano le gole degli uccelli.
Nel buio ancora gli alberi
le foglie
mentre schiariva il graffio della luna
cortili abbandonando
sogni
amori
azzurra l’acqua al fondo della conca.
E il giorno disegnava sulla soglia
la sagoma di un vecchio o la sua ombra
il cui sguardo parlava al grano
al vento.
E fanciulli prendevano la strada
senza pareti che portava a un cielo
trafitto dal fiorame di ciliegi.
I corpi dei padri riempivano campi.
Il sole nei solchi.
Volavano falci.
La vita non sfogliava calendari
sulla parete vecchia di memorie.
Lo spazio da semina a semina
era il conto degli anni.