di Massimo Cappelli
giugno 2021
In una piovosa notte di maggio Marcello Scuffi ci ha lasciato. È successo così velocemente che forse non ha avuto nemmeno il tempo di realizzare che se ne stava andando. Marcello Scuffi ci ha lasciato anche un grande patrimonio artistico, perché i suoi quadri sono sparsi in tutta Italia e non solo, e lui, come tutti gli artisti, vivrà sempre dentro le sue opere: le marine, le persiane rotte, i treni, le nature morte e… il circo!
«Marcello, perché del circo dipingi solo il tendone», gli chiesi un giorno. «È un ricordo della mia infanzia!» rispose lui. «Quando a Quarrata arrivava il circo, io, non avendo molti soldi, potevo vederlo solo da fuori. Ma quel tendone tutto colorato era bello lo stesso; a volte, nella prossimità si vedevano anche gli animali: i leoni e le tigri in gabbia, gli elefanti legati ad un paletto, e le giraffe che si rifocillavano alle mangiatoie, alte alte e colme di fieno. Era bello! Anche se il suo interno restava solo un desiderio. Ma cosa c’è di più bello di un desiderio se questo rimane tale?» Il tendone del circo è un soggetto che si trova spesso tra i dipinti di Marcello Scuffi; tendoni belli e colorati, che lui con la sua tecnica riusciva a rendere anche molto “pesanti”. Talvolta ambientati in fondo ai paesi, o sotto alle montagne. Ogni circo di Scuffi, ha la sua entrata aperta, con un lembo di tendone tirato su. All’interno però si vede solo nero, le luci e lo spettacolo si possono solo immaginare. Nelle molteplici forme di arte, il circo è da sempre stato raccontato come una metafora dell’esistenza umana. Infatti al circo ci sono gli artisti, gli operai, le belle ragazze, gli acrobati, gli illusionisti e anche i pagliacci… proprio come nella vita.
Conoscevo Marcello da quasi cinquant’anni, dai tempi del Bar La Pineta dove a volte giocavamo insieme a biliardo. Lui giocava molto meglio di me. Poi, qualche decina di anni fa non si vide più perché si buttò a capofitto nel lavoro dipingendo senza tregua, perfezionando la sua tecnica, che da profano descriverei “tecnica dell’affresco”: una lunga preparazione delle tele sulle quali spargeva una specie di intonaco per poi dipingerci sopra. La preparazione delle tele era il compito di sua moglie Lia, scomparsa nel 2018 a causa di un brutto male. Marcello aveva un contratto in esclusiva con Orler, una famosa azienda che opera nel campo dell’arte che vendeva (e vende) tutti i suoi quadri in televisione e su Internet. Grazie a questa grande visibilità, era notevolmente cresciuta nei suoi confronti anche la considerazione da parte della critica, Vittorio Sgarbi, per esempio, aveva firmato la prefazione per qualche sua monografia, anche se Marcello con i critici d’arte non andava molto d’accordo. «Non ho mai sentito dire ad un bambino che da grande vuole fare il critico d’arte. I bambini ambiscono a fare lo scienziato, l’astronauta, il pompiere, ma il critico d’arte no». A Pieve a Nievole, nel piccolo paese vicino a Montecatini dove io abito, fino a qualche anno fa, ogni due anni organizzavamo una mostra estemporanea di pittura, molte volte ho invitato Marcello in giuria ma lui non ha mai accettato. «Non me ne volere se ti rispondo sempre di no, ma non mi piace giudicare il lavoro degli altri. Non mi piace giudicare in genere, ancora di più quando si tratta di lavoro».
Abbiamo raccontato Marcello Scuffi sui primissimi numeri dell’edizione quarratina di questa rivista nel 2008, nell’intervista, alla domanda su cosa ne pensasse del tempo, lui rispose così: «Il tempo è qualcosa che fugge troppo veloce. Io ho sempre paura di non avere il tempo di fare le cose e di trovarmi sempre più innamorato della vita, che purtroppo scorre inesorabilmente. Il tempo è importante, ci vuole! …Bisognerebbe saperne fare buon uso». Era rimasto molto affezionato a “NoiDiQua”, con sua moglie ci ha fatto spesso compagnia alle cene di redazione, dove a volte ha anche cantato, il suo cavallo di battaglia era Francesco Guccini, che aveva anche conosciuto personalmente qualche anno fa a Pavana, e del quale conosceva a memoria quasi tutti i testi delle canzoni. Con NoiDiQua abbiamo anche organizzato, nel 2018, una mostra collettiva al Polo Tecnologico, insieme a Marcello parteciparono altri due artisti quarratini, il suo amico da sempre Salvatore Magazzini e l’artista Barbara Pratesi.
L’ho scritto altre volte che secondo me l’arte è la prova inconfutabile dell’esistenza di Dio. Un artista è solo lo strumento di un’entità che sta più in alto. Altro non è che il “terminale” del grande “gestionale” Divino. È la Creazione che continua giorno dopo giorno, e che riesce costantemente ad arricchire il mondo e lo spirito di ogni persona.
Marcello è stato un grande artista e ora che ha oltrepassato l’entrata nera del tendone, si trova all’interno del suo circo che ormai per lui non è più un’incognita, non è più solo un desiderio. Sicuramente si starà godendo lo spettacolo, in tribuna d’onore, quella riservata agli artisti, perché come disse don Roberto nell’omelia alla messa di commiato: «Ogni artista ha la sua strada privilegiata per il Paradiso».
Ciao, amico mio.