di Carlo Rossetti
giugno 2021
Ci ha lasciato improvvisamente il pittore Marcello Scuffi. Al dolore provocato dalla perdita di altri amici, si aggiunge anche questo. Aveva affrontato negli ultimi anni una serie di momenti difficili, per primo la morte della moglie Lia e altri legati alla sua salute. Cordiale, esuberante e affabulatore, si raccontava con schietta matrice toscana e il sigaro, che di quando in quando appariva in bocca, era il complemento di una persona massiccia e solare. Tante le ore passate vicino al suo cavalletto, tante le storie ascoltate, frutto di vita vissuta e arricchite da una vivida fantasia. Un vero piacere intrattenersi con lui, tanto che ci mancheranno le sue conversazioni e il suo sorriso aperto e spontaneo. Pittore nel vero senso della parola, dopo una lunga e faticosa gavetta, era arrivato a farsi conoscere in Italia e all’estero. La morte di un amico è una grave perdita per ciascuno di noi, perché fa parte del nostro vissuto, della nostra quotidianità; così Marcello è un frammento della vita che se ne va. Qualche anno fa, in occasione della sua Mostra Antologica allestita presso lo spazio del Comune Libero Grassi, mi chiese di fargli la presentazione. Sul momento rimasi perplesso, non ritenendomi un critico d’arte, ma fu tanta l’insistenza e da parte mia la lusinga, che finii per accettare. Nel mio scritto tratteggiai più la persona che l’Artista, trovandomi più a mio agio nel descrivere l’amico. Ora sono contento di averlo fatto, di avere espresso quello che sentivo di fronte alla sua pittura. Una pittura che nasce dal dentro, da una profonda interiorità, da un sentire non comune e che non muore, ma che ritroveremo nei suoi quadri ogni volta che vorremo; nelle marine ritratte in una atmosfera rarefatta, nelle immagini del circo, poetico suggerimento della memoria infantile, sospesi nel tempo e nello spazio, affidate al linguaggio che gli era più proprio: la poesia.
Un sabato come tanti altri. Il mercato, il diffuso brusio della piazza. Tutto sembrava come sempre, ma non era così. La notizia che a poco a poco si diffondeva annunciava che Carlo Cappellini aveva ceduto di fronte alla virulenza del Covid-19. Il profondo sconcerto di amici e conoscenti era palpabile perché Carlo era una persona di prim’ordine e nulla aveva fatto presagire una fine così immediata. Stimato cittadino e apprezzato commercialista, era conosciuto anche nella provincia di Pistoia, avendo ricoperto mansioni di riguardo nell’ambito di associazioni pistoiesi. Giornalista e appassionato di calcio, da lungo tempo era un dirigente della A.C. Quarrata, in cui sfogava la sua passione per lo sport. Il suo rigore morale e il suo comportamento, gli erano valsi il riconoscimento di quanti a vario titolo avevano a che fare con lui, in special modo le persone più fragili. Pur assorbito dal suo lavoro, non mancava di partecipare a iniziative del territorio, ed è lui che nei primi anni Ottanta aveva prestato la sua opera fattiva per la costituzione della Biblioteca Comunale. Ma non è solo questo l’apporto che ha dato alla Comunità di Quarrata. Era un piacere incontrarlo per strada in quei pochi momenti che per ragioni varie si allontanava dal suo studio. Persona di grandi meriti, ha saputo raccogliere l’affetto di tutti e per questo tanta gente è rimasta ammutolita di fronte alla notizia ed il dolore espresso, è stato l’inequivocabile segno di un autentico sentimento. Lo ha dimostrato la folla che ai funerali ha riempito oltre alla Chiesa, il piazzale antistante, per la Messa officiata da Don Paolo Tofani, suo cugino. Per la nostra comunità è una perdita importante. Da ora in poi ci sentiremo più impoveriti, perché perdere un amico è perdere qualcosa di noi stessi. Credo che sentiremo sempre la sua mancanza e sarà sempre nei nostri ricordi.
Dobbiamo parlare anche di una amica che ci ha lasciato recentemente. E’ Laura Caiani, assidua lettrice della nostra rivista, ma soprattutto una cittadina attenta e scrupolosa, consapevole di fare parte di una comunità per la quale ha speso la sua vita. Insegnante elementare, da quando aveva lasciato il servizio seguiva con interesse la vita cittadina, pronta ad intervenire in ogni evento dove si facesse cultura e attenta a custodire con passione i ricordi più disparati della nostra gente. Eventi, tradizioni, costume erano gli argomenti che più le si confacevano diventando per tutti una memoria storica capace di soddisfare le curiosità paesane. Ricordo quando la domenica sera l’accompagnavamo a Montecatini io e l’amico Millo, il marito, per prendere l’autobus per l’Abetone dove faceva scuola. Era sempre serena nonostante dovesse stare una settimana lontana da casa e in un luogo scomodo. Se io glielo facevo notare, lei mi diceva che lassù aveva io suoi bambini ad attenderla. Carattere socievole per quanto schivo, si può dire stesse sempre un passo indietro, mai sopra le righe. E pensare che la sua cultura, le sue letture, le avrebbero consentito di intervenire in qualsiasi circostanza. Proveniva da una delle famiglie più note di Quarrata, il cui nome non serviva soltanto a citare il negozio di cui erano i proprietari, ma costituiva al tempo stesso l’indicazione di un luogo, un punto geografico. Si diceva “di andare dal Caiani” anche intendendo andare verso quella zona e non necessariamente al negozio. La vita purtroppo le aveva riservato un brutto tiro, la morte di un figlio che aveva fiaccato la sua forza di vivere. Ma pur essendosi ritirata in casa, riceveva molte telefonate e visite da coloro che non l’hanno mai dimenticata. Come non l’hanno mai dimenticata i tanti alunni, ora padri di famiglia, ai quali ha dato i primi rudimenti del sapere. Anche noi non dimenticheremo “la Laura”, così come confidenzialmente veniva chiamata da tutti.