di Serena Michelozzi
giugno 2020
“Revenge porn” o “Revenge pornography”, sono espressioni della lingua inglese che indicano la condivisione pubblica di immagini o video intimi tramite internet, senza il consenso dei protagonisti degli stessi. Di solito le immagini vengono immortalate da un partner intimo con o senza consenso della vittima.
Trattasi di un allarmante fenomeno sociale, che, fortunatamente, è stato recentemente disciplinato dalla Legge numero 69, denominata Codice Rosso. Quest’ultima, oltre ad aver apportato modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, ha introdotto con l’articolo 612-ter c.p. il reato di: “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, al fine di combattere la c.d. “porno vendetta”. Il testo così recita:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
La norma ha il dichiarato scopo di osteggiare (e si spera, eliminare!) in maniera maggiormente vigorosa la violenza di genere, comminando pene esemplari per gli autori di tali riprovevoli atti. La porno vendetta può essere attuata acquisendo il materiale secondo diverse modalità, tra cui, la più ricorrente, è la pratica del “sexting”, cioè l’invio consapevole e spontaneo di foto e video da parte della vittima, mediante smartphone o web – cam; in altri casi la vittima può anche non sapere di essere ripresa o fotografata e quindi viene immortalata senza il proprio consenso. In genere, la porno vendetta viene attuata al termine di una relazione sentimentale, al fine di vendicarsi del compagno/a, oppure in seguito a serate occasionali trascorse con partner di “passaggio”, conosciuti online oppure personalmente. La vendetta consiste nel caricare il materiale hot sulle pagine social o su siti dedicati al porno.
Come si suole dire, “prevenire è meglio che curare”, e, sebbene sia stata introdotta la suddetta normativa, sarebbe opportuno avere un po’ di buon senso, rifiutando di scattare o condividere foto di nudo, essendo coscienti del tipo di società in cui viviamo ed agire di conseguenza. Non importa quanta fiducia si riponga in qualcuno: nel momento in cui si condivide un’immagine intima di noi stessi su una qualsiasi piattaforma web, si rinuncia automaticamente ad ogni controllo su di essa e sulla nostra privacy!