di Luciano Tempestini
settembre 2021
«La storia, prima di mettere radici, cammina sulla bocca della gente tramandando alcune verità che si moltiplicano di volta in volta, diventando perfette favole per chi poi le ascolta».
La nostra storia inizia su una strada che oggi tutti noi conosciamo bene, cioè la statale 66 che passa dal semaforo di Olmi e che in origine univa in un solo tratto, l’Abetone con la città di Firenze. Questa fu realizzata negli anni ’30 del secolo scorso con un decreto emanato il 17 maggio del 1928. Il motivo della sua realizzazione era di migliorare il traffico commerciale di allora, eliminando i guadi e le strade sconnesse, oltre che decongestionare il traffico della strada che passava da Prato. Chiaramente “i mezzi” di allora non erano certo tir o furgoni telati, ma barrocci trainati da cavalli che trasportavano principalmente legname, carbone, animali da macello e persino il ghiaccio, accuratamente imballato nei sacchi di juta, proveniente dalle ghiacciaie dell’Appennino pistoiese. Ma la nuova strada divenne funzionale anche per il trasporto delle piante, in un momento in cui il vivaismo pistoiese muoveva i primi passi.
Questa infrastruttura che portava diversa gente ad attraversare la sperduta frazione di Olmi, fece venire ai fratelli Vettori, Ermanno e Guido, l’intuizione di aprire un angolo di ristoro, dove si potessero rifocillare i cavalli e i loro conducenti; nacque così “La trattoria dei fratelli Vettori”, detta semplicemente l’osteria, situata dove oggi c’è il ristorante “La siesta”. La struttura aveva all’esterno un pozzo per prelevare l’acqua per le bestie e, tramite un piccolo canale interno, riforniva una vasca in muratura dove venivano tenuti i pesci vivi per cucinarli freschissimi. Così i pesciolini fritti degli Olmi divennero famosi come quelli di “Brocciolo” al Ponte dei Bini. Fra l’altro i clienti che entravano per la prima volta nel locale rimanevano sorpresi nel vedere una vasca dove nuotavano i pesci che venivano pescati col retino… che all’epoca sembrava un vero esotismo. Invece sul retro, al lato dell’attuale parcheggio, vi erano le stalle dove riposavano gli animali e i conduttori dei carri, dato che per coprire la tratta Appennino – Firenze, all’epoca ci volevano più giorni. Lì vi riposavano anche i cavalli adibiti al trasporto della corrispondenza, e quelli usati per i “legni”, cioè i barrocci che avevano funzione di taxi.
Un po’ come accade oggi per le trattorie da camionisti, il luogo divenne famoso grazie al passaparola e alla qualità della sua cucina. Altro motivo che induceva gli avventori a fermarsi da quelle parti era la piccola pompa di benzina (foto sopra, sulla sinistra dove c’è l’uomo in piedi) che serviva le prime auto e i trattori, oltre alla corriera che scendeva da Cutigliano.
Questa attività non si fermò mai, neanche durante il periodo della seconda guerra mondiale, venendo frequentata persino dai soldati tedeschi, che avevano il comando nella vicina fattoria Betti. Dopo il 1945, subentrarono i figli di Ermanno: Renato, Norma, Adelmo con sua moglie Liliana. Dal dopoguerra in poi il lavoro cominciò a cambiare, soprattutto per la progressiva scomparsa dei barrocci, quindi la trattoria si trasferì due civici più vicino all’incrocio, in un locale più piccolo e senza stalla, dove alla ristorazione venne affiancato il bar. Nei vecchi locali aprì invece la ferramenta Turi, che attualmente si trova dall’altra parte della strada, portata avanti da Giampaolo Turi e dalla moglie Angela. A quel punto dietro il bancone si trovavano, alternandosi, Adelmo e Renato, mentre Norma e Liliana stavano fisse in cucina. Renato però divenne particolarmente famoso per il suo pane, che sfornava quotidianamente appoggiandosi al mulino che sorgeva nell’edificio attiguo alla trattoria, dove oggi si trovano l’edicola e il forno. Questo gli forniva ottime farine ottenute da grani antichi che donavano al pane un sapore inconfondibile, tanto che divenne famoso persino fuori provincia. Dagli anni ’60 invece i Vettori iniziarono ad acquistare il pane da un forno di San Bastiano, in località Bottegone. A riguardo dobbiamo sottolineare che oggi c’è l’attuale proprietaria di quel forno, Fernanda Lomi, che continua a produrre un pane simile a quello che veniva portato ai Vettori. Addirittura lei, assieme alla figlia Federica, semina il campo di proprietà, con i grani antichi che poi fa macinare pietra. Ad aiutarla da un punto di vista tecnico-scientifico c’è Legambiente Quarrata, i cui volontari sono sempre attenti a valorizzare chi segue la via dell’ecosostenibilità.
Tornando alla nostra storia, sul finire degli anni ’60 ci fu un altro cambio generazionale con i figli di Adelmo, Vittorio e Vinicio con la moglie Tina, assieme a Luciana, figlia di Renato. Comunque per un certo periodo Adelmo e Liliana continuarono a dare una mano; d’altronde se l’osteria continuava ad essere rinomata era merito di Liliana, la cui minestra di pane viene tutt’oggi rammentata da chi ha i capelli bianchi. Famosi erano anche gli arrosti dell’aia, i sughi oppure le bistecche sulla brace, quest’ultime però cucinate ad arte da Renato, mago della griglia. Non a caso la trattoria cessò la sua attività quando Liliana raggiunse l’età della pensione, negli anni ’70. Il bar invece rimase aperto e negli anni successivi divenne meta di tanti provenienti dalle frazioni vicine, attirati sia dal bar dei Vettori, sia da quello dell’Aiuti, situato dall’altra parte della strada. Così la frazione di Olmi si animò, smettendo di essere solo un luogo di passaggio.
La nostra storia si ferma agli inizi degli anni ’90, quando il fondo venne dato in gestione a Riccardo Conti, il famoso “Gogo” che ha gestito il bar fino al 2007, diventato a sua volta un punto di riferimento, anche perché chiunque passasse di lì non poteva non notare i numerosi cartelli pubblicitari affissi sulle pareti esterne dello stabile, che lo tappezzavano in maniera decisamente eccessiva, ma lo facevano senza dubbio notare.
Prima di salutarci però, un pensiero affettuoso lo vogliamo rivolgere a Tina Pomposi, venuta a mancare nell’aprile del 2021, in quanto ultima rappresentante di questa piccola epopea imprenditoriale, la cui storia non appartiene solo alla famiglia che l’ha realizzata, ma a tutti noi che viviamo Qua, perché fa parte dell’identità del nostro territorio.
Per le notizie storiche si ringrazia: Pola Amadori, Paolo Manetti, Martino Martini e Fernanda Lomi. Per le foto si ringrazia: Leonardo Donati,“Casa di Zela” e Daniele Manetti.