di David Colzi. Foto: atomproduction.it
giugno 2019
La ditta “Romano Branchetti”, come recita il cartello all’entrata, si occupa di arredamento e design; questo significa che loro progettano arredi personalizzati, li fabbricano nella loro falegnameria e alcuni di essi vengono esposti in vetrina nelle loro due mostre (dove i mobili di marca, lo ricordiamo, rappresentano appena il 10%). Qualche decennio fa tutto questo non avrebbe fatto assolutamente notizia, perché per tantissime ditte del comparto mobiliero quarratino e aglianese, era normale passare dal legno al mobile senza nessun tipo di appalto esterno. Oggi invece, realtà così vanno cercate “col lanternino”, come si usa dire, in quanto sono gli ultimi baluardi di una metodologia produttiva che è stata falciata dalla crisi degli ultimi anni.
Al timone della ditta, dal 1965, c’è ancora il fondatore Romano, che ha aperto l’attività all’età di 24 anni. Il suo percorso nel mondo dell’arredamento, come quello di tanti altri, è iniziato per caso, anzi per necessità, in quanto all’età di dieci anni dovette trovarsi un lavoro per dare il suo contributo in famiglia, sebbene il suo sogno fosse quello di diventare medico. Negli anni ’50 “lavoro” a Quarrata significava già Lenzi, e infatti il piccolo Romano entrò nella ditta artigiana dei fratelli Pratesi, che lavorava in esclusiva per loro. Col trascorrere degli anni, per affinare ancora di più le sue competenze, Romano alternò il lavoro con gli studi serali di design e arredamento, con la prospettiva di mettersi in proprio. A fargli ulteriormente capire che quella era la sua strada, ci pensò l’architetto Aderini, che lavorava per i Lenzi, il quale notò nel tempo, il talento di quel giovane diciassettenne; così suggerì ai fratelli Pratesi di affiancarglielo come rappresentante della loro ditta, così da “farsi le ossa” sul campo. Fiducioso nel futuro e incoraggiato dai primi riconoscimenti, Romano arrivò con «fatica e volontà» ad aprire il primo studio in via Europa 309, dove oggi c’è una delle due mostre. Da sottolineare che in quel periodo via Europa non esisteva ancora, quindi il suo studio-stanzone, adiacente alla casa colonica di famiglia, lo si raggiungeva tramite piccole strade di campagna.
Oggi come allora, Romano si occupa di soddisfare i clienti con i suoi progetti, rigorosamente realizzati al tecnigrafo con china e squadre, assieme alle sue due figlie, Daniela e Chiara, diplomate all’Istituto d’Arte, le quali però si cimentano anche con il Pc, per rendering e quant’altro. Assieme alla famiglia Branchetti, lavorano altre 7 persone.
Caro Romano, sono passati 53 anni, anche se non sembrerebbe, visto che lei segue da sempre la stessa filosofia produttiva…
«Per me questo è sempre stato l’unico metodo di lavoro e, dice bene, non ho mai fatto passi indietro, perché secondo me, solo così si va avanti e ci si distingue. Essere autosufficienti, sia da un punto di vista progettativo che di realizzazione, significa soprattutto essere pronti a qualsiasi sfida lavorativa e controllare la qualità, passo dopo passo».
«Al netto della serietà e della correttezza» aggiunge la figlia Daniela «che è la base di ogni rapporto lavorativo, il cliente apprezza l’unicità dei prodotti che cerchiamo di realizzare rimanendo sempre al passo con i tempi. Oltre a questo, abbiamo maestranze esterne che lavorano per noi, tipo l’elettricista, il cartongessista o il decoratore, che istruiamo prima di ogni lavoro».
Sembra proprio che i risultati diano ragione alla famiglia Branchetti, dato che sono arrivati alla seconda (e qualche volta terza) generazione di clienti, che di padre in figlio tornano a farsi progettare gli arredi e gli ambienti delle proprie case. Pensate che questo tipo di clienti, rappresentano oltre il 60% di coloro che si affidano alla ditta quarratina, scegliendo gli arredi unici di Romano che raggiungono un po’ tutta la Toscana.
La più grande soddisfazione?
«Ogni qualvolta un cliente ci fa i complimenti» ci dice la figlia Daniela. «Poi, un’altra cosa che ci fa piacere è quando i clienti passano da noi semplicemente per un saluto; questo vuol dire che si è instaurato un rapporto che va oltre il commerciale».
In conclusione, confidando nella rinomata schiettezza del signor Branchetti, gli facciamo la seguente domanda: Quest’anno Ikea Italia festeggia 30 anni dall’apertura del suo primo stabilimento a Cinisello Balsamo. Quando il colosso del mobile svedese manifestò l’interesse ad aprire un punto vendita dalle nostre parti, l’allora sindaco Marini pensò a Quarrata, ma tanti suoi colleghi si opposero, e alla fine Ikea aprì a Sesto Fiorentino. Lei cosa ne pensa?
«E’ stato un grosso errore di valutazione ed io già allora stavo con il sindaco Marini. D’altronde per me vale la regola del “meglio più che meno”, e Ikea avrebbe portato a Quarrata tanti ipotetici clienti. Forse su cento, venti avrebbero trovato più convincenti i prodotti dei mobilieri locali, senza contare che quando le persone si muovono, spendono soldi a prescindere; magari vanno a prendere un aperitivo al bar, oppure comprano il gelato per i figli. Secondo me ci sarebbe voluta più lungimiranza».