di Carlo Rossetti
dicembre 2017
Ormai non c’è articolo di giornale o qualsiasi altro scritto che non sia infarcito di parole straniere che producono particolari difficoltà interpretative. La politica principalmente ricorre a nuove definizioni, a concetti espressi con un vocabolo straniero, che il più delle volte non lasciano intendere all’impreparato lettore il significato di quanto scritto.
E’ quasi inutile il tentativo dell’Accademia della Crusca di impedire l’afflusso di tanti “esotismi”, ma ogni tanto è costretta ad accettare parole che ormai sono diventate di uso comune. Così è anche per i vocabolari. Si dirà che tutto è più veloce, più attuale, soprattutto necessario per una comunicazione più immediata e che comunque la lingua non è una cosa statica ma che si evolve continuamente.
Ma si può parlare veramente di evoluzione? Basta aprire un giornale, prendere un articolo a caso e lo si troverà infarcito di inglesismi e neologismi vari, per cui la lettura diventerà faticosa anche se fatta mnemonicamente, con il risultato in fondo di avere capito poco o nulla. Perciò si leggerà spesso di Jobs act, Stepchild adoption, Speech, Spin doctor, Default, Exit poll e via dicendo, perché dire legge sul lavoro, adozione del figliastro, discorso di un politico, esperto di comunicazioni, incapacità di rispettare clausole contrattuali, sondaggio, sarebbe troppo facile e non farebbe quell’effetto che invece fa la parola straniera. Forse serve, specialmente ai politici per i loro discorsi e per rendere nebuloso il significato dei loro concetti. Quanto scritto è appena un brevissimo campionario, un piccolo assaggio di quanto si può leggere giornalmente o sentire attraverso la radio e la televisione, perché in ogni settore della vita, dal mondo della politica, degli affari, della tecnologia, della moda, del cinema, della musica ecc., è un ribollire di nuovi lemmi che vanno a impastarsi con la nostra bella lingua. Avevamo incamerato da tempo boutique, hobby, party, pole position, hippie, lobby, weekend e ormai c’eravamo abituati. Ma ora non passa giorno che nel nostro lessico non si insinui un nuovo termine straniero di cui non conosciamo il significato e che leggendo non vi si inciampi. Perché dire “gruppo di potere”, quando secondo la moda corrente si può dire Establishment che fa più figo, oppure “progetto” che può essere sostituito con un più elegante Planning? Perché dire “tappeto rosso” su cui sfilano i divi, quando si può disporre di un ricercato Red carpet? Vuoi mettere, è tutta un’altra cosa usare Spending review al posto di “revisione della spesa” o Freelance anziché “lavoratore autonomo”, oppure “Bed and breakfast” al posto del più banale “letto e prima colazione”.
Per concludere, ci s’è messo anche il ragazzo della Scuola Elementare di Copparo che ha coniato l’aggettivo petaloso e lo ha presentato anche all’Accademia della Crusca. Pensiamo che ne avremmo potuto fare a meno, ma visto le parole straniere che sbarcano continuamente nella nostra lingua come migranti a Lampedusa, venga pure petaloso se non altro per il richiamo ai fiori, che con il loro profumo e i colori rallegrano la vita. Nonostante tutto ciò Buon Natale a tutti i nostri lettori, o se preferite: Merry Christmas to all our readers!