di Luciano Tempestini
dicembre 2017
Riprendendo dall’ultimo numero di Noi di Qua, la massima di Tiziano Terzani da “La vita come avventura”: Se l’umanità ha una speranza di sopravvivenza questa è nel ritrovare un equilibrio con la natura . Il seme di quell’equilibrio è la saggezza “primitiva” che, strada facendo abbiamo dimenticato. Non è indispensabile andare lontano per scoprire dei tesori.
Riflettendo su questa massima e su quanto ascoltato e trovato lungo i percorsi e le cave del Montalbano, mi sono chiesto: Perché non fare una ricerca storica su questo territorio? Specialmente dopo aver ascoltato le riflessioni di coloro che erano in mia compagnia alla ricerca di reperti che la nostra collina ci avrebbe riservato in quella giornata, tra cave, sentieri. Per conoscere e rispondere alle domande che mi ponevo, ho trascorso alcune ore nella biblioteca Forteguerriana di Pistoia, alla ricerca di notizie inerenti alle epoche che ci hanno preceduto. Quanto riuscirò a scrivere è solo una minima e piccola storia di quello che ho potuto leggere appassionandomi nella lettura di quei documenti, che sono riuscito a trovare sulle origini del nostro territorio.
In questi luoghi già alla fine del 300 esisteva il castello detto: “Castrummontismagni”, come scrive Maurizio Baroncelli nel cosiddetto “Memoriale” del vescovo Ildebrando nel 1132, e si nomina la pieve di Montemagno, di cui oggi sono ancora ben visibili le antiche mura nella canonica della chiesa locale. La pieve era allora situata nel percorso di transito da San Baronto verso Lamporecchio; in tale diocesi pievana di Montemagno, località “Il Cassero”, vi era ubicato un piccolo ospedale, più un ospizio per pellegrini che transitavano allora in quel percorso verso Roma. Questo era chiamato, come dimostra un documento del 28 Giugno 1354, ospedale “San Jacopo di Montemagno”.
“Nel dizionario storico della Toscana” (E. Repetti) viene poi riportato come a Montemagno esistesse un fortilizio, appartenente agli Agostiniani Romitani di Pistoia, il quale fu rogato il 12 Luglio 1332, nella contrada di Montemagno o poggio di Castelvecchio, dove nel XIV secolo risiedeva un podestà. Nel 1371, sempre da quanto riportato negli scritti di Maurizio Baroncelli, era stato inoltre emanato lo “Stranam de capana de la fiore qua itur Pisas”: si trattava di un provvedimento di condanna pecuniaria rivolto ad alcuni comuni del distretto, per non avere mantenuto in ordine le strade loro assegnate. Il provvedimento riguardava in particolare coloro che, avendo un area vasta per la coltivazione di prodotti dell’orto, al momento del raccolto non ne avevano donato una parte a coloro che invece non ne avevano abbastanza per il loro fabbisogno… un’ottima lezione per il mondo contemporaneo!
Fuori dal complesso fortificato, la pieve di San Giovanni, ricordata già nel 1153 nella bolla di Anastasio IV° vescovo di Pistoia , viene collocata al centro di una vasta e fertile zona collinare tra Casale e Quarrata, costituendo nel XIII secolo uno dei comuni rurali più importanti e più densamente popolati del distretto pistoiese. La pianta dell’antica chiesa, ad aula monoabsidata, presenta due elementi interessanti e poco comuni: l’orientamento dell’abside verso ovest e la disposizione della torre campanaria in facciata sulla sinistra della porta principale.
Nel suo interno vi sono alcune opere di sicuro valore: una Croce del XV ° secolo, in lamina d’argento sbalzato e incisa bulinata, di cm 48 per 38. La Croce è polilobata con palline foliate decorative all’incrocio delle braccia e dei lobi ed ha i bordi scanalati con al centro un motivo floreale stilizzato. Sulla parete destra dell’aula, sporge appena un ciborio del XV° secolo in pietra serena di cm 70 per 40. Vi è un dipinto del XVII secolo “La trasfigurazione di Cristo”, un olio su tela di 2,46 metri per 1,60; l’autore è Girolamo Scaglia Di Lucca (1652). Un altro quadro, datato 1675, in cornice di legno argentato, è sempre un olio su tela di 2,47 metri per 1,60, raffigurante Santi in adorazione, con Santa Teresa e San Domenico inginocchiati al centro, mentre ai lati in piedi, si trovano San Giuseppe e San Antonio Abate.
Entrando in chiesa, sulla sinistra vi è un dipinto con una fonte battesimale risalente al XVII° secolo, mentre il dipinto è del 1935, opera del pittore pistoiese Azelio Tuci. Inoltre vi è un urna per il santo Sepolcro (1634), in legno intagliato e dipinto di cui cm 3 per 49 per 35, con scritto sul retro: “Fatta al tempo di Gabriello Pasquini Trinci operaio dello OPA (Opera) di San Giovanni a Montemagno l’anno MDCXXXIV, restaurato dai F.lli della compagnia il 24 Marzo 1828”. Su un fabbricato di fronte alla chiesa c’è una lapide (1784) in pietra di 55 cm per 75 a ricordo di una controversia sulla proprietà di una sorgente che sgorgava in quel periodo, risolta a Firenze in favore della chiesa. Oggi la sorgente si trova nella canonica.
Questi alcuni piccoli cenni di quanto la storia del nostro territorio possa essere ricca di reperti e notizie, delle quali non conosciamo quasi niente, perché spesso cerchiamo altrove la voglia di vedere e sapere, come dice Tiziano Terzani.
La foto qui sopra è tratta dal libro: “Pievi, chiese e devozioni nel Montalbano”