di Luciano Tempestini
settembre 2017
Sono trascorsi circa tre anni da quando ho avuto la fortuna di essere omaggiato con un libro curato dagli alunni della Scuola Media Statale “Bonaccorso da Montemagno” di Quarrata Vignole, dal titolo “Tradizioni e luoghi del Montalbano”. Si trattava di un volume pieno di notizie su un epoca ai più obliata, che mi ha molto coinvolto nella conoscenza di luoghi vicinissimi geograficamente, ma lontani nel tempo. Storia e leggenda si alternavano in quelle pagine, incuriosendomi su storie che pensavo non appartenessero a noi di qua, ma fossero un privilegio per chi abitasse al di là del Montalbano, a Vinci, a Lamporecchio o a Cerreto Guidi; invece erano storie nostre e una mattina di luglio di quest’anno, ho visto con i miei occhi ciò che avevo solo letto.
Il tutto è iniziato ascoltando una conversazione tra cacciatori che, parlando dei percorsi sul Montalbano dove poter cacciare, accennavano a cave secolari che trovavano di volta in volta sul loro cammino di ricognizione. Le cave del Montalbano, per chi non lo sapesse, sono servite nel tempo per estrarre pietre per le più disparate funzioni: pensate che solo il nostro territorio se ne contano circa una decina disseminate in vari siti, a testimonianza della qualità della materia prima. Addirittura una di queste, situata in località Montemagno, è diventata una sorta di anfiteatro naturale, tanta è stata l’estrazione. Al termine del loro parlare, chiesi ad uno dei cacciatori, Andrea, mio carissimo amico, se avesse avuto la pazienza e la cortesia di accompagnarmi a visitare alcuni di quei siti. Andrea, leggermente titubante, mi mise al corrente dei disagi che avremmo trovato nel percorrere quei sentieri, fra alberi caduti di traverso e rovi che erano i padroni assoluti di quei luoghi; ma la mia insistenza fece sì che Andrea cedesse alle mie richieste e nel primo pomeriggio ci trovammo a percorrere da via della Fonte, poco più avanti della località dei Gironi, questa breve ma intensa passeggiata nei boschi del Montalbano. In effetti, dopo pochi metri percorsi, dovevo già preoccuparmi dei graffi dei rovi sulle braccia, oltre allo scavalcamento di un albero caduto di traverso sul percorso.
Poco dopo arrivammo alla prima cava sulla nostra destra, dove alberelli e rovi inizialmente ne impedivano la vista. Sulla sinistra invece si intravedeva una piccola costruzione di pietra a secco e Andrea iniziò a raccontarmi la storia di quel luogo, che io ascoltai affascinato, ricordando le mie letture. Camminammo per almeno altre due ore, visitando altre tre cave, poi la natura, padrona del sentiero, ci obbligò a desistere nell’andare avanti sul Montalbano, quel monte venuto dal mare, chiamato con tale nome dagli storici dell’epoca. Un monte ricco di pietra serena e dalla meno pregiata pietra bigia. Andrea, continuando il suo parlare, mi descrisse il vecchio percorso che arriva, girando a destra, a San Baronto. Continuando, tenendo la dritta, si passa invece tra le cave di Montemagno, arrivando a Lucciano e al passo che porta a Vinci, oppure verso Poggio a Caiano, trovando sul cammino di questi sentieri il muro del “Barco Reale”, lungo circa 50 Km fatto costruire dal granduca Lorenzo dei Medici. Questo muro è ancora ben visibile in alcuni punti, come se il tempo, abbagliato da tanta magnificenza, lo avesse voluto risparmiare perché potessimo godere ancora oggi del lavoro certosino degli scalpellini che lo realizzarono.
Mi torna alla memoria di aver letto che l’architetto Giuliano da Sangallo (1445 – 1516) si recò nella cava detta “Dell’uccello”, in località Montemagno (il già citato anfiteatro naturale), per scegliere le pietre per la costruzione della chiesa della Madonna dell’Umiltà a Pistoia. Questo lo sappiamo grazie ad Amedeo Belluzzi, che nel suo libro “Giuliano da Sangallo e la chiesa della Madonna a Pistoia”, scrive che nei registri dell’opera, veniva riportato che il 22 giugno 1495, avvenne il pagamento ad uno scalpellino per avere accompagnato il Sangallo e il legnaiolo e scultore pistoiese Vitoni, a visitare le cave di Valdibure, Santomato e Montemagno, e da queste ultime furono estratte le pietre serene per la Basilica pistoiese. Quanto riportato sopra è un piccolo cenno della vasta storia che il Montalbano ci può raccontare, una storia che, già nel 1100 parlava di un Montemagno come centro importante della zona, con circa 476 nuclei familiari.
Rincasando da questa gita, mi è venuto da riflettere su una cosa: perché non valorizzare nuovamente questi siti? Oltre che per i quarratini non sarebbero poli d’attrazione anche per coloro che in vacanza soggiornano nelle strutture del nostro territorio? Non a caso ricordo che durante la nostra piccola escursione, abbiamo incontrato una famiglia di tedeschi intenti ad avventurarsi fra le cave, non senza difficoltà. A tale proposito il Circolo di Montemagno ha instaurato contatti interessanti con un’associazione no-profit di Vinci, “Montalbano domani” interessata al congiungimento dei sentieri di Leonardo con quelli nelle cave del nostro territorio.
In conclusione, un appello alle istituzioni quarratine perché si impegnino a promuovere quei sentieri, consentendo a tutti di godere della bellezza delle nostre colline, anche se siamo consapevoli che alcune cave, risultano essere in terreni privati… ma forse si potrebbe trovare una sinergia fra pubblico e privato.
Per completezza, va inoltre detto che già negli anni novanta la giunta Marini, in collaborazione con la Comunità montana, ripristinò alcuni sentieri, dotandoli addirittura di cartelli che ne descrivevano la storia. Però, senza dare nessun seguito a quella lodevole iniziativa, tutto è finito in rovina.
«Se l’umanità ha una speranza di sopravvivenza, questa è nel ritrovare un equilibrio con la natura. Il seme di quell’equilibrio è la saggezza “primitiva” che, strada facendo, abbiamo dimenticato. Non è indispensabile andare lontano per scoprire dei tesori».
Tiziano Terzani, La vita come avventura.