Dieci anni senza il nostro Giancarlo

Dieci anni senza il nostro Giancarlo

di Giacomo Bini. Foto: Riccardo Boccardi.

settembre 2022

Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Giancarlo Zampini ma a noi sembra impossibile, come il primo giorno, che lui non ci sia più. Il nostro direttore ci manca. Ogni volta che impostiamo un nuovo numero della rivista “Noi di qua”, che è stata e resta una sua creatura, ci sentiamo inadeguati. Perché Giancarlo era impareggiabile soprattutto in una cosa, che era il suo vero talento: trovare in ogni fatto, anche il più piccolo, la storia di una persona. La sua infinita curiosità non si indirizzava tanto agli eventi, sebbene fosse un bravissimo cronista, quanto agli uomini che stanno dietro agli eventi. Del resto la nostra rivista, che lui ha fondato, ha nel titolo un pronome personale, il “noi”, che per lui racchiudeva uno sterminato universo di storie umane. Anche nei suoi articoli sulle pagine de La Nazione, cronaca di Pistoia, la pura e semplice cronaca gli andava sempre stretta e lui la oltrepassava ricostruendo vicende di vita, disegnando personaggi ed esistenze. La sua carica umana, la sua grande capacità di stabilire relazioni con gli altri, di trovare terreni comuni di dialogo e di scambio, la simpatia e il senso dell’umorismo lo hanno fatto amare dai lettori e da tutti quelli che lo conoscevano. Giornalista vero perché genuino e sincero, senza secondi fini, senza interessi o arrivismi, pronto a condurre le sue battaglie con rispetto e con assoluta indipendenza, Giancarlo sapeva raccontare e conquistava tutti perché ci metteva il cuore oltre che la penna. Era il contrario di un’immagine stereotipata del giornalista distaccato e un po’ cinico, che non si fa toccare dalle passioni. Giancarlo era un cronista innamorato della sua gente e della sua terra. Per questo gli vogliamo bene ed è ancora con noi.

Abbiamo pensato di riproporre un breve testo autobiografico scritto da Giancarlo Zampini come introduzione al suo libro dedicato alla sua frequentazione con lo scrittore e giornalista Tiziano Terzani dal titolo Tiziano Terzani: L’ Orsigna, ultimo amore” edito da Lalli nel 2009.

Chi sono

Sono uno… della generazione di mezzo, nato il 30 novembre del 1945 in una famiglia molto dignitosa, sopravvissuta alla guerra, ma che sarebbe caduta nella povertà più nera due anni dopo con la morte di mio padre Antonio. Livia, mia madre, rimase vedova con tre figli: io di due anni, Franco il maggiore di 12 e Renzo il mezzano di 10. Livia è stata una grande madre, da perfetta capofamiglia ha vestito anche i panni di uomo, garantendo con le sue grandi capacità di ricamatrice le entrate minime per sopravvivere.

Considerato la piega che aveva preso la mia vita, a soli due anni entrai in possesso di tutte le caratteristiche giuste per essere da grande una persona destinata all’anonimato. Per studiare servivano soldi e volontà: dei primi non c’era l’ombra, della seconda… meglio tacere. Ricordo che dalla quinta elementare ci congedammo in una quarantina, la maestra si chiamava Montesi – brava e buona – ma da sola non poteva certo badare ed insegnare a 40 alunni: avete capito bene, 40! Andai alle superiori che non sapevo niente di grammatica, la storia non mi piaceva, le cose andavano meglio a matematica e geografia, l’eccellenza la raggiungevo solo a disegno ed in condotta: ero molto timido. Per scuole superiori intendo l’avviamento professionale, iscriversi alle medie significava dovere passare un esame di ammissione ed essere certi di continuare a frequentare anche dopo i tre anni. La mia scuola è stata la vita dalla quale ho imparato tutto quello che conosco. Sono uscito dalla povertà ed ignoranza per merito della mia curiosità, della voglia di sapere e di conoscere, necessità emerse fortemente con l’età dell’adolescenza. 

Ho cominciato a lavorare che avevo 16 anni: ho fatto l’artigiano, il commesso, il venditore di enciclopedie, in seguito il disegnatore tecnico di arredamento: a 23 anni Pistoia mi stava stretta, a disegnare guadagnavo 19.000 lire al mese, anche se questo ruolo mi fece conoscere fior di architetti, Giovanni Michelucci su tutti. Erano altri tempi, si poteva cambiare lavoro una volta al mese tante erano le opportunità, non come oggi che i giovani sono precari a vita ed un lavoro definitivo non lo trovano mai. Nel 1968 ebbi la possibilità di entrare a fare parte della forza vendite di una grande azienda di spumanti di Torino: ci sono stato quasi sei anni, ho conosciuto migliaia di bar, alberghi, ristoranti, locali notturni. Nel 1975 passai alle dipendenze di una azienda commerciale di abbigliamento, come gerente in uno dei 26 negozi sparsi per l’Italia centro settentrionale. Infine detti vita ad uno studio-negozio di arredamento, attualmente condotto da mio figlio Federico. 

La strada giornalistica, meglio dire che mi ha spinto ad interessarmi di comunicazione, è iniziata nel 1981 – per divertimento – con TV Quarrata, televisione della mia città di Luciano Michelozzi, ingegnoso elettricista e radioamatore con tanto di negozio in piazza del comune. […] Trasmettevamo solo la sera dalle 21.00 alle 24.00 – con il titolare che svolgeva le funzioni di regista, addetto alle luci, microfoni, scenografia di studio, ideatore di programmi, ecc. Personalmente curavo un telegiornale, che parlava di Quarrata e basta, oltre due trasmissioni settimanali dal titolo, “Parliamo di…” e “Detto fra Noi”: come studio un ex garage, adibito a magazzino del negozio. 

Si arriva così al 1989, anno in cui la redazione di Pistoia de “La Nazione” ha la necessità di ampliare il proprio organico di collaboratori: risposi di si, molto volentieri, anche se avevo già 44 anni. Presso l’ufficio del capo servizio Alberto Ciullini firmai il primo contratto giornalistico della mia vita: il lavoro di cronista era diventato una cosa seria, i lettori mi avrebbero giudicato. Se la memoria non mi tradisce, venivo pagato con 2.000 lire per articoli brevi, 4.000 lire oltre un certo numero di battute. […]

Ad oggi ho scritto migliaia di articoli spaziando in largo ed in lungo: dalla politica locale e provinciale alla cronaca nera, all’agricoltura, turismo, arte, storie del giorno su fatti e persone: sono sempre stato, a detta dei superiori, un cacciatore di notizie.

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