di Carlo Rossetti
dicembre 2010
I Tontorum è un complesso musicale atipico, al di fuori del consueto panorama musicale. A essere sinceri il nome non depone a favore di un giudizio positivo nei confronti dei componenti, lasciando sottintendere un precario stato intellettivo. Invece conoscendoli scopriamo di trovarci di fronte a persone che godono di ottima salute psico-fisica, e che, tanto per non prendersi sul serio, fanno dell’autoironia una costante e un loro punto di forza.
Perciò incontrando Carlo, Fabrizio, Gianni, Ivo, Roberto e Vasco, citati in scrupoloso ordine alfabetico per non creare malumori e gelosie e per non essere tacciati di una qualsivoglia preferenza, ci rendiamo conto che essi sono in grado di fare musica piacevolmente. Presentiamoli uno per uno: Carlo Giannini, in arte Chiarly, è il capo carismatico o il capo-orchestra, come si sarebbe detto una volta. Suona la chitarra solista, pur non disdegnando la tastiera, cura gli arrangiamenti e quando ne ha voglia canta. Fabrizio Gestri, polistrumentista, si occupa della tastiera ma se c’è bisogno può passare alla chitarra o alla batteria. Proprio per la sua versatilità, non avrebbe difficoltà a eseguire “I capricci di Paganini” con l’ocarina. Vasco Bernardini è la voce solista che si accompagna con la chitarra acustica, su cui tenta di fare gli accordi che ogni tanto, pare riesca a fare. La voce, appena rugginosa, è il risultato di una sua ricerca nell’intento di assomigliare al più famoso Vasco. Gianni Testai troneggia dietro la batteria, aggiungendo ai colpi estemporanee invenzioni per arricchire l’esecuzione. L’unico inconveniente è che soffrendo di una lieve presbiopia, ogni tanto si picchia sulle dita. D’estate l’inconveniente è tollerabile, d’inverno invece, con il freddo, è costretto a usare i guanti. Roberto Rapezzi suona il basso con attenzione e diligenza, e dalla folta barba che nasconde ormai completamente il suo viso, cerca con un occhio di intravedere gli accordi sullo spartito e con l’altro gli attacchi che Carlo gli dà, insieme alle occhiatacce in caso di entrate fuori tempo. Ivo Ferri suona la chitarra ritmica, e proprio per certe affinità, fa comunella con Roberto al quale si ispira. Entrambi, sempre un po’ defilati, sono contenti di stare nelle retrovie, anche se musicalmente potrebbero fare molto di più.
A loro interessa soltanto stare “alla ruota” e demandare agli altri il compito di “tirare”, raro esempio di “ciclismo musicale”. Il repertorio è da trent’anni lo stesso, ispirato alle canzoni degli anni Sessanta, indubbiamente bello ma con la necessità di una rinfrescatina. D’altra parte c’è da capirli; Vasco ha finalmente imparato a memoria tutti i testi delle canzoni e solo Iddio sa se ce n’è voluto; ora canta senza inciampi i suoi cavalli di battaglia E’ la pioggia che va e Io vagabondo, mutuati da Shapiro e i Nomadi. Ivo e Roberto fanno accordi quasi sempre credibili e Gianni concede già qualche pausa alle dita, quindi perché cambiare il repertorio?
E poi c’è un’altra considerazione da fare: loro sono i produttori e i consumatori della propria musica, perciò devono soltanto accontentare se stessi. Infatti la peculiarità è che essi si “suonano addosso”, modello unico di pubblico e orchestra fusi insieme, per un’ “automusica” che ritorna immediatamente al mittente. E non si può dire che siano mancati ai Tontorum gli inviti per pubbliche esibizioni, ma sempre, tranne poche eccezioni, hanno risposto di no. Inoltre, proprio per capire la tipicità del gruppo, va detto che il luogo in cui essi suonano, è una casa colonica abbandonata che l’amico Giovanni Baldi ha messo a disposizione come filantropico incoraggiamento all’arte, senza il pagamento di nessun canone minimo che, anche se richiesto, non avrebbe mai riscosso. Perciò il solaio che è la “sala dei concerti”, la scala per arrivarci, l’insieme insomma, ricrea un’atmosfera bohemienne che fa tanto Parigi e che si addice al complesso.
Una cosa a cui va prestata attenzione è la precarietà dell’ondeggiante pavimento che, nell’esecuzione di un pezzo rock potrebbe costringere loro malgrado i Tontorum, a finire il brano al piano di sotto fra polvere e calcinacci. La vicinanza dell’aia ha permesso al complesso qualche volta di esibirsi di fronte a un pubblico di amici e estimatori, richiamati all’aperto dal fresco di una sera d’estate, e più che dalla musica, dalle pappardelle che Mario Leporatti, Vissani casereccio, confezionava nell’occasione per l’esultanza del palato dei presenti, sotto la guida attenta di Giovanni Baldi, promotore e sponsor. C’è addirittura una canzone dal titolo Nelly by night, il cui autore, insospettabile, vuole mantenere l’incognito perché se ne vergogna, del quale Charly ha curato l’arrangiamento e che si ispira alle sere sull’aia ricreandone l’atmosfera bucolica. Tralasciando comunque queste considerazioni, in cui l’eccesso descrittivo serve a rappresentare lo spirito del Gruppo e che è il riflesso della nostra amicizia, va detto che ognuno di loro possiede una spiccata sensibilità musicale. L’incontro settimanale dei Tontorum è il segno di un interesse comune, il desiderio e il piacere di ritrovarsi all’insegna della musica, il passatempo intelligente che più di ogni altra cosa tiene in vita la loro l’amicizia. E questo è ciò che conta.