di Daniela Gori
giugno 2023
Si è cimentato con la scrittura la prima volta per caso e da quel momento è nata una passione che lo ha portato ancora a dedicare il suo tempo libero a raccontare storie: Paolo Meoni, quarratino del Barba, è già arrivato al suo secondo romanzo e già ne ha un altro in cantiere. “Dammi la mia vita”, questo è il titolo del libro, parla delle vicissitudini di un uomo di mezza età, partendo da quando era un bambino, con tutte le esperienze che accumula in mezzo secolo di vita. Ma cosa sia stato a spingere Meoni a mettere nero su bianco queste storie, ce lo racconta lui stesso. «Alla scrittura non ci pensavo neppure anche se sono un tipo creativo, sempre portato a osservare quello che mi succede intorno fantasticando un po’» racconta «il primo racconto, di circa tre pagine, lo scrissi perché un amico mi spinse, anche insistendo molto, a partecipare a un concorso. Io per non influenzare la giuria di cui faceva parte proprio lui, buttai giù un raccontino, “Vapore”, e lo inviai senza firmarlo con il mio nome ma con uno pseudonimo. Fatto sta che vinsi e dal momento che il racconto era piaciuto mi convinsi a scrivere ancora. Quella storia ora fa parte del mio primo libro, “Il campanello” che parla di un uomo e una donna, delle loro emozioni, con tutti quei dubbi e ripensamenti che fanno parte dei rapporti di coppia».
Questa indole all’osservazione e all’ascolto ha portato poi Meoni a scrivere una divertente raccolta di brevi storie a quattro mani con l’amico Daniele Camilletti, allora gestore di un distributore di benzina sulla Statale al Barba. “Storie di un distributore di benzina. Racconti semiseri tra una pompa e l’altra” è il titolo del libro, in cui aneddoti e fatti realmente accaduti nel tempo della gestione della pompa di rifornimento di carburante sono rappresentati in piccoli flash. «Adesso sto buttando giù le prime pagine di un altro lavoro, questa volta autobiografico» spiega Meoni «vorrei raccontare le mie esperienze di volontariato nei paesi in via di sviluppo. Da anni infatti mi occupo di seguire alcuni progetti, in India e Senegal, per sostenere sia le famiglie in estrema povertà che la scolarizzazione e le strutture che accolgono bambini orfani o abbandonati dai genitori. Fare questi viaggi mi ha portato a cambiare prospettiva nel vedere la nostra vita di occidentali, che non sappiamo apprezzare il benessere e le comodità che abbiamo a disposizione. In questi paesi ci sono famiglie che abitano per strada, fanno da mangiare sui marciapiedi e dormono sotto qualche tettoia. Sono queste le cose che ora voglio far conoscere ai miei lettori, per far capire che vivere nel benessere della nostra società non deve significare voltarsi dall’altra parte per non voler sapere che esiste chi ha bisogno di aiuto».