di Massimo Cappelli
dicembre 2023
Nemmeno a due anni dalla grande pandemia mondiale il nostro territorio è ancora messo duramente alla prova con l’ultimo disastro causato dalle alluvioni. Questa volta però non siamo stati invitati a “salvare il mondo” stando comodamente sul divano di casa: perché a molte famiglie, il divano (e non solo, purtroppo) glielo ha portato via la furia dell’acqua senza dare loro nemmeno il tempo di piangere, e chi ha pianto mentre nuotava per la sopravvivenza, ha visto le proprie lacrime confondersi con la pioggia. Che il tormentone “Andrà tutto bene” non funziona, questa volta, qualcuno lo ha visto da subito: nel fango senza mangiare, senza dormire, senza corrente e senza lavarsi per giorni.
Guai a chi tocca!
A parte il danno materiale, che di certo non è da poco, per la perdita dei beni personali (mobili, vestiti, auto, lavoro), c’è anche la perdita dei “ricordi”, ovvero di quegli oggetti che hanno un immenso valore affettivo che non può essere ripagato da nessuno e che mai più verranno restituiti. Senza voler fare retorica, però, voglio dire subito che la macchina della solidarietà, come spesso accade, è partita immediatamente: persone ospitate a dormire da famiglie che nemmeno conoscevano; raccolti in poche ore viveri e beni di prima necessità, indumenti, scarpe, coperte, prodotti per la pulizia e per l’igiene personale, mobili. La gente si è spontaneamente offerta, direttamente o tramite la Protezione Civile, per dare una mano a ripulire case e laboratori. Sono stati soprattutto i giovani a rendersi disponibili, arrivati da ogni parte; è stato commovente vedere quei ragazzi, spesso da noi tanto criticati, che hanno lasciato lo smartphone prendendo in mano un badile per andare a spalare fango, così dimostrandoci di avere quei giusti valori che spesso abbiamo creduto assenti in loro. In poco tempo sono state create raccolte fondi da più parti e in più maniere. Insomma, ancora una volta gli italiani (questa volta è toccato a noi toscani) hanno dimostrato grandi doti di umanità e di fratellanza.
Ma non basta!
Non basta perché ora devono essere i nostri governanti a mantenere quello che hanno dichiarato durante l’emergenza. Non basta perché c’è il rischio che, terminato il tamtam mediatico e venuta meno pure la spinta emotiva, anche le persone comuni si dimentichino presto di questa grande tragedia. Può succedere. Quando la disgrazia non è più evidenziata dal paesaggio disastrato, dal mobilio marcio e puzzolente accanto dall’uscio delle case, quando si è fatta pulizia dal fango e si sono ricostruiti gli argini dei fiumi, può darsi che non ci accorgiamo che c’è ancora gente che soffre. Soprattutto i commercianti di vicinato, già messi in ginocchio dagli acquisti fatti nei Centri Commerciali, nella Grande Distribuzione o tramite le vendite on line.
I prossimi giorni saranno i più proficui per il commercio grazie agli acquisti per il Natale, per cui, questo dicembre, cerchiamo di far riaffiorare lo spirito di solidarietà come abbiamo fatto durante l’emergenza lo scorso mese, e andiamo a comprare i nostri regali dai commercianti sotto casa che magari conosciamo da una vita, con i quali forse abbiamo fatto le scuole insieme o che abitano proprio vicino a noi. Mettiamoci in testa che da loro troveremo gli stessi prodotti o servizi che troviamo da altre parti, dove però abbiamo a che fare con perfetti sconosciuti. Al contrario, la maggior parte dei soldi verrà raccolta dai grandi colossi mondiali, dalle multinazionali, e andranno via dal nostro territorio, dalla nostra città e dall’intero Paese. Questo non porterà nessun beneficio se non un piccolo vantaggio economico nell’immediato sul prodotto… e non è nemmeno scontato (scusate il gioco di parole). Acquistando nel nostro territorio invece, da un’impresa piccola o di medie dimensioni, aiutiamo i nostri amici concittadini e diamo un contributo alla nostra economia. Per spiegare meglio questo concetto ho trovato nella Rete e questa storiella che sembra scritta apposta per la circostanza: è di autore ignoto, l’ho fatta mia e la pubblico di seguito per voi, sperando di sensibilizzare qualcuno e di poter fare insieme una risata.
“Ad agosto, in una piccola città, cade una pioggia torrenziale e per diversi giorni tutto attorno sembra un deserto. La crisi affligge questo posto per molto tempo, tutti hanno debiti e vivono a credito. Fortunatamente un milionario arriva ed entra nell’unico piccolo hotel del posto, chiede una stanza, mette una banconota di cento euro sul tavolo della reception e va a vedere le camere. Il gestore dell’hotel prende la banconota e scappa per pagare i propri debiti con il macellaio. Questo prende i cento euro e va subito a pagare il proprio debito con l’allevatore di maiali. Quest’ultimo prende la banconota e corre a pagare ciò che deve al mulino, fornitore di mangimi per animali. Il proprietario del mulino prende i cento euro al volo e corre a saldare il proprio debito con il concessionario di auto al quale non aveva pagato l’ultima rata del mese. Il concessionario di auto, che è un noto playboy, parte per il piccolo hotel, dove aveva portato le sue amanti le ultime volte, e dove non aveva ancora pagato, e riconsegna i cento euro al proprietario dell’hotel. Così, in breve tempo, la banconota ritorna sul banco della reception da dove era partita. Proprio in quel momento il milionario che ha appena dato un’occhiata alle stanze, scende e dice di non essere convinto. Prende i suoi cento euro e va via. Nessuno ha guadagnato un euro, ma ora l’intera città vive senza debiti e guarda al futuro con fiducia”.
Far girare i nostri soldi nel nostro territorio, alla fine, è sempre una vittoria. Non sarà certamente facile cancellare i comportamenti assunti negli ultimi quindici anni per via della tecnologia che ci ha viziato sempre di più. Con lo smartphone che tutti abbiamo in tasca possiamo acquistare ciò che vogliamo, da casa, a qualsiasi ora, sicuri che il giorno dopo il prodotto arriverà al nostro indirizzo: il biglietto per un viaggio o per un concerto, un maglione o un profumo. Comodo, certo! Ma quello che fa discutere è proprio l’acquistare da casa, perché non uscendo vengono meno gli incontri, le passeggiate in città e le relazioni sociali. Non è importante la meta, ma il viaggio, anche la vita stessa è un viaggio, no?! Alla meta è bene non pensarci. Allora, per queste feste ritroviamoci nelle nostre piazze, nei nostri bar e acquistiamo dai nostri commercianti. Rendiamo il Natale più nostro.