Le intolleranze alimentari

Le intolleranze alimentari

di Paola Maria Mandelli

settembre 2024

Spesso di fronte a sintomi come disturbi intestinali (gonfiore, meteorismo, stipsi, colon irritabile), acne e dermatiti, obesità, cefalea, emicrania, dolori premestruali, dolori articolari, disturbi dell’umore (irritabilità, depressione, e simili), si sente parlare di “intolleranza alimentare”.

Va subito detto che i test per diagnosticarle non hanno alcuna base scientifica e dobbiamo anche diffidare dei test “alternativi”. In realtà le vere intolleranze alimentari sono relativamente poche e tutte su base enzimatica; la loro diffusione è legata in gran parte alle abitudini di vita.

In Italia le più comuni sono quelle al latte, al grano, all’uovo e alla soia (quest’ultima è diffusa soprattutto tra i bambini, la cui alimentazione è particolarmente ricca di questa sostanza). Si tratta di reazioni in genere legate alla quantità di alimento che viene introdotto (l’allergia non è dose dipendente e compare per lo più al momento dello svezzamento). Al riguardo, si ricorda di rivolgersi sempre ad un dietologo, per farsi prescrivere una dieta personalizzata e bilanciata.

L’intolleranza più frequente è quella al lattosio dovuta alla mancanza congenita o acquisita di un enzima, la lattasi, che si manifesta con diarrea, crampi addominali e talora vomito subito dopo l’assunzione di quantità anche piccole di latte o latticini. Non è di natura allergica e si diagnostica con un semplice esame non invasivo: il “Breath test” che viene effettuato comunemente nei laboratori. Una scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Pertanto, questa può essere ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio. La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i sintomi. In caso di diagnosi accertata non è sempre necessario eliminare i prodotti che lo contengono.

La celiachia invece è un’enteropatia infiammatoria autoimmune, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Il glutine è la frazione proteica di grano, orzo e segale, quindi si trova principalmente in alimenti a base di frumento come pane, pasta, pizza, biscotti e snack dolci e salati. La risposta immunitaria genera un’infiammazione cronica che, a sua volta, danneggia i tessuti dell’intestino e porta alla scomparsa dei villi intestinali, importanti per l’assorbimento dei nutrienti. Un celiaco quindi, oltre al danno diretto, subisce un consistente danno indiretto perché non è in grado di assorbire sostanze nutritive e quindi rischia la malnutrizione. Nei soggetti celiaci mangiare glutine scatena una risposta e può causare perdita di peso, gonfiore e talvolta diarrea. Il malassorbimento, in particolare di vitamine e oligoelementi, può provocare danni a diversi organi tra cui sistema nervoso, osso, apparato riproduttivo, sistema sanguigno. Non esiste una cura specifica per la celiachia, l’unico trattamento efficace consiste nella rigorosa eliminazione del glutine della dieta.

Le modalità con cui si manifesta la celiachia nei bambini sono sostanzialmente due, cioè la scarsa crescita e una non spiegabile carenza di ferro che non risponde alla terapia. Gli esami per diagnosticare la celiachia comprendono: esami del sangue con sierologia per celiachia e in caso di risultato positivo, gastroscopia con biopsie multiple a livello del duodeno.

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