di David Colzi
marzo 2011
Noi crediamo che sia abbastanza inusuale intervistare persone che hanno scelto di “andare per mare”, come è successo nei numeri passati; ma siccome ci piace scoprire sempre personaggi nuovi da farvi conoscere, in questo numero vi presentiamo un quarratino d’adozione che ha scelto, per passione, di andare “sotto il mare”.
Come mai ha scelto questo sport?
Fin da piccolo ho adorato l’apnea e andare sott’acqua, facendo morire di paura mia madre, perché al mare passavo sotto le barche ormeggiate. (sorride) Poi mi sono cimentato nella pesca subacquea e nel nuoto pinnato: infine sono approdato all’apnea pura, sia in piscina che in mare.
Quando ha iniziato a praticare questo sport?
Nel 2003, quando ho partecipato per la prima volta al Campionato Italiano a Roma e sono sempre rimasto fra i primi dieci, talvolta sfiorando il podio, ma la più grande soddisfazione è arrivata nel 2007 quando sono arrivato terzo sempre al Campionato Italiano, ma in mare anziché piscina. Dal 2005 sono Campione Regionale di Apnea Dinamica.
So che ha anche incarichi importanti.
Sono responsabile regionale per l’Apnea Agonistica, quindi coordino tutte le gare della Toscana, gli allenatori e le manifestazioni che riguardano questo sport. Poi insegno a Pistoia al Barracuda Sub, una società che è stata fondata nel 1970 e tutt’oggi ha molti membri quarratini. Organizziamo corsi, non solo di apnea, ma anche di soccorso in mare, oltre ad insegnare nuoto alle persone che hanno problemi motori: insomma ci occupiamo dell’attività in acqua sotto tutti i punti di vista.
Chi sono i suoi allievi?
C’è di tutto, dal principiante, fino alle categorie più alte, sia ragazzi che ragazze, uomini e donne di tutte le età. D’altronde per riuscire bene in questo sport non è necessario avere una grande massa muscolare, anzi più muscoli significa più dispersione di ossigeno: pensi che noi con un solo respiro dobbiamo coprire la maggior distanza possibile, fino a tre minuti e mezzo di apnea in movimento. Quindi gli allenamenti non servono tanto ad aumentare la massa, ma a imparare a controllarsi in acqua.
Quindi il controllo mentale è importante?
Fondamentale! Pensi che circa il 40% dell’ossigeno che consumiamo è usato dal cervello, quindi nelle gare, soprattutto quelle in mare, è fondamentale molta disciplina e controllo, non tanto per vincere, quanto per non far accadere incidenti all’atleta. Insomma bisogna gestire il corpo e la sua sofferenza, ma anche “lo spirito”!
I giovani sono facilitati?
Non è detto: io ad esempio quando sono arrivato terzo al Campionato Italiano avevo quarantun’anni, mentre l’atleta che è arrivato primo aveva un’anno in più. Il motivo per cui questo sport è “molto longevo” è che, come dicevo prima, richiede molta esperienza e concentrazione che spesso non va molto d’accordo con l’irruenza dei giovani. Comunque ci tengo a dire che un mio giovane allievo di venticinque anni è nella nazionale italiana. (sorride)
Cosa vuol dire a chi si avventura sott’acqua?
Vorrei ricordare a tutti, che prima di mettersi una maschera e un paio di pinne e improvvisarsi apneisti, è meglio passare da una qualunque società sportiva per apprendere quelle nozioni di base per la propria sicurezza, perché l’apnea è alla portata di tutti ed è uno sport bellissimo, però chi si avventura in mare deve sapere con quale elemento si va a misurare.