di Marco Bagnoli
marzo 2015
È stato recentemente pubblicato dalla Aracne editrice di Roma il volume “Olimpia madre di Alessandro Magno – figlia, sposa, madre e sorella di re”. La vicenda si svolge nel IV secolo avanti Cristo, al tempo del pensiero di Aristotele e delle immancabili trame di palazzo; la figura di Olimpia traspare a stento dalla marea dei secoli, contrastata in vita e dopo la morte, nella memoria, per il suo essere donna e probabilmente portatrice di una conoscenza e di una consapevolezza troppo evidenti. Oltre che regina Olimpia era una sacerdotessa che officiava i riti segreti di Dioniso. Abbiamo incontrato l’autrice, Paola Lomi, professoressa di storia e italiano, ormai in pensione, che ci confida una fascinazione ben più concreta di una mera ricerca bibliografica.
Sono andata in pensione da pochi anni, ho insegnato alle medie appena laureata, nonostante avessi l’abilitazione per le scuole superiori; preferivo avere una maggiore disponibilità di tempo per meglio seguire la mia classe – e infatti è stato possibile fare approfondimento, teatro, o archeologia.
Quando è iniziato l’interesse per la Grecia antica?
Tutto è iniziato dagli studi classici, attraverso i testi letterari; poi, subito dopo essermi sposata, nel ’70, abbiamo iniziato a girare il sud Italia con una piccola rulottina con mia figlia ancora piccola – iniziando così a fare la conoscenza delle zone della Magna Grecia. E poi anche la Grecia, prima appoggiandoci ai vari campeggi e poi – e sono già venticinque anni – arrivando ad una piccola isola, Samotracia. L’isola di Samotracia si riallaccia al mio interesse per la psicologia, che mi aveva quasi condotta ad una seconda laurea: uno degli autori studiati era James Hilmann, che in uno dei suoi “Saggi sul Puer” parla del dio Pothos, che io non conoscevo, dio della nostalgia archetipica, adorato, appunto, a Samotracia – l’amore nostalgico di Platone, che porta altrove. Anche Plinio parla delle grandiose cerimonie dedicategli nel santuario di Samotracia. E quell’area archeologica era una zona veramente di pace, all’epoca.
È in seguito a queste esperienze che vengono pubblicati i suoi primi libri…
Si, esatto: “Ritorno a Samotracia”, del 1994 e “L’isola della Dea. Storia di un’iniziazione femminile”, del 2003; si tratta di narrativa, ma sempre con un sottofondo di verità storica, in particolare sui misteri di Samotracia, un argomento che mi ha molto affascinato. I misteri di Samotracia sono i secondi per importanza dopo quelli più noti di Eleusi – un’esperienza di formazione cui tutti i più importanti uomini pubblici dell’epoca non potevano esimersi di sottoporsi, grazie ai legami sociali e politici che consentiva d’instaurare – quelli che hanno consentito la massima espansione della civiltà greca. Era un tipo di conoscenza che annullava il timore stesso della morte, trasmetteva una consapevolezza di tipo religioso, quella di essere fatti della stessa natura degli dei, come dicono alcuni autori. Infatti quando Ulisse scende nell’Ade incontra Achille, che preferirebbe essere l’ultimo dei contadini per poter stare ancora alla luce del sole; coloro i quali erano iniziati avevano superato questo timore.
Un analogo percorso di conoscenza è quello da te intrapreso con Avatar: ce ne vuoi parlare?
È stato intorno al 1994 che sono venuta in contatto con questo percorso di autoconoscenza ed esplorazione del proprio potenziale; un’esperienza che inizialmente mi ha incuriosita senza però togliermi una scetticismo: in seguito poi mi sono ricreduta, al punto da conseguire il Master in Germania per poter a mia volta indicare agli altri questo percorso di crescita.