Tutti a teatro

Tutti a teatro

di Serena Michelozzi

marzo 2015

Una celebre citazione del teorico e critico teatrale Silvio D’Amico afferma: «Il teatro vuole l’attore vivo, e che parla e che agisce scaldandosi al fiato del pubblico; vuole lo spettacolo senza la quarta parete, che ogni volta rinasce, rivive o rimuore fortificato dal consenso, o combattuto dalla ostilità, degli uditori partecipi, e in qualche modo collaboratori». Per fare teatro c’è, quindi, bisogno di avere due ingredienti indispensabili, ossia gli attori (e nel teatro italiano ce ne sono davvero molti validi) e il pubblico, e qui sorge un dubbio: ci sono ancora gli uditori e soprattutto chi sono? Nella maggior parte dei casi capita di entrare in sala e notare che, tutti o quasi tutti i posti sono occupati sì, ma da adulti, da genitori, da anziani, da nonni; e i giovani, dove sono finiti? Riesco sempre a contarli sulle dita delle mani, perché sono talmente pochi, che quasi si nascondono nella folla! Molti preferiscono la routine “della discoteca” o “della bevuta” (che ogni tanto ci stanno alla grande), perché ritenute più divertenti… ma, a mio avviso, andare a teatro non è per forza sinonimo di “noioso” o di “roba da vecchi” (penso che questi cliché debbano essere superati). 

Innanzitutto ci sono rappresentazioni teatrali di tantissimi tipi capaci di suscitare l’attenzione di un uditorio giovanile: commedia, tragedia, musical, opera lirica, teatro dell’assurdo, teatro-canzone, teatro-danza e chi più ne ha, più ne metta! Inoltre gli spettacoli teatrali, di qualunque tipo, hanno il potere di stordire, di affascinarci come di disorientarci; ci impressionano, ci fanno interrogare, conoscere, riflettere e vivere a seconda dei casi, anche stati d’animo del tutto divergenti. Si piange, si ride, ci si irrita, ci si sente frustrati o più determinati di prima: il teatro è linfa vitale, è la rappresentazione dei nostri dubbi, delle nostre felicità, del passato, del presente e del futuro. È possibile muoversi tra i due binari della finzione e della realtà: il personaggio reale si alterna con il fittizio, lo spazio dell’immaginazione scavalca quello scenico, il tempo interiore vince lo scorrere del tempo fisico.

Al di là di tutte le emozioni e sensazioni che ci può comunicare uno spettacolo, per attirare maggiormente i giovani alla visione di questi ultimi ce ne è bisogno di alcuni particolarmente avvincenti e frizzanti, capaci di stimolare l’attenzione e (ri)svegliare anche la curiosità di coloro che non ne hanno mai visto uno. Al teatro Manzoni di Pistoia, negli ultimi tempi, vi è stata invece un po’ una controtendenza: le sale si sono pian piano sempre di più riempite di ragazzi, il cui apice è stato raggiunto grazie alle regie teatrali di una nostra giovane concittadina di cui sicuramente avrete già sentito parlare, Giulia Nannini, ormai da ben tre anni dedita – in concomitanza con la sua carriera televisiva – all’organizzazione di originalissime rappresentazioni teatrali: da “Cenerentola @Pt”, “Un Natale da favola”, a “Non puoi lasciarmi così”, che hanno fatto registrare il tutto esaurito al Manzoni (soprattutto attirando un cospicuo uditorio giovanile!). Ci sarà poi a breve il lancio di un suo nuovo spettacolo , “I sospetti che non ti aspetti”, in scena al Teatro Bolognini il 26, 27 e 28 Marzo. «E’ la prima produzione dell’associazione-Onlus “DeSidera” e si tratta di un giallo un po’ sui generis, di un giallo alla Agatha Christie scritto ex novo da me ed Armando Vertorano. La storia segue un po’ quella del giallo classico, con molti colpi di scena e momenti di interazione col pubblico» (per maggiori dettagli, leggete l’articolo a pag. 12). 

Io sarò lì in prima fila! Metter su rappresentazioni sceniche non è affatto semplice, e per raggiungere ottimi risultati c’è bisogno di costanza, studio e tanta determinazione. Il risultato darà poi sicuramente tanta soddisfazione, perché non solo andare a teatro, ma anche praticare il teatro significa vivere insieme ad altri un’ esperienza comunicativa intensa e stimolante dal punto di vista sia umano che culturale. Il teatro ha perciò delle potenzialità educative straordinarie, in quanto costituisce un invito alla riflessione, recupera spazi di autonomia di pensiero così preziosi in una società di massa come la nostra che tende all’omologazione. Inoltre è luogo di crescita umana, momento di cultura e di vita indispensabile per valorizzare le potenzialità e le risorse, anche nascoste, di noi giovani.

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