di Piera Salvi. Foto: Adriano Tesi
febbraio 2013
Da Bardalone ad Agliana, passando per la Svizzera: è Roberto Catinari, artista del cioccolato, famoso in tutto il mondo. Il legame di Roberto Catinari con Agliana si manifestò il giorno della sua nascita, a Bardalone, il 29 giugno del 1937, giorno in cui Agliana celebra la festa del Santo patrono. Ad Agliana ci arrivò nel 1982 quando, dopo una lunga permanenza in Svizzera, era già un maestro del cioccolato.
Come è arrivato a diventare un maestro internazionale nell’arte del cioccolato?
Per me il cioccolato è amore e passione. Ho lavorato tanto, ho cominciato a fare le ferie a 60 anni, ho avuto una grande volontà e anche salute. Dopo le scuole di avviamento professionale all’attività di falegnameria e disegno tecnico, a 17 anni andai in Svizzera in cerca di lavoro, come tanti della Montagna pistoiese. C’erano già mio fratello e mia sorella. Prima lavorai in un ristorante, poi in una pasticceria cioccolateria. Facevo il lavapentole, il ragazzo di bottega: tante ore di lavoro e pagato poco. Dopo passai al reparto pasticceria, poi al forno, infine al reparto cioccolateria. Dovevo fare le pulizie dei locali e delle macchine, però mi interessavo alla lavorazione del cioccolato. Mi ero fatto anche un quaderno con le ricette.
Fu così che nacque la sua passione per il “cibo degli Dei”?
Sì, il titolare mi vide interessato e mi disse: «Tra cinque anni ti metto la giacca bianca». Arrivai ad essere caporeparto. Il mestiere ormai mi era entrato nelle mani. Nel 1973 partecipai ad un concorso a Zurigo e vinsi la medaglia d’oro. A quel punto capii che amore e passione per il cioccolato erano diventati un mestiere.
Quando tornò in Italia?
Tornai a Bardalone nel 1974. Mi ero sposato, in Svizzera con una ragazza di Pracchia. Economicamente si stava bene, io avevo ormai un ottimo stipendio, mia moglie era una brava sarta. Ma decisi di tornare a Bardalone e mettermi in proprio. Mi iscrissi alla Camera di commercio come artigiano, cominciai a lavorare in una stanza piccola, con tanta esperienza ma pochi mezzi. Avevo due scioglitori manuali, uno per il cioccolato al latte ed uno per il fondente, che uso ancora. Cominciai con una ventina di tipi di cioccolatini; ora le varietà sono un centinaio. Mia moglie mi aiutava nelle confezioni. Per far conoscere il mio prodotto partivo da Bardalone con una valigia di campionatura e giravo tutta la montagna, Pistoia, Firenze, Signa, il Chianti. Avevo rivisto le ricette adeguandole al gusto degli italiani, che preferiscono nocciole e gianduia. Poi i cioccolatini al liquore, le serie dei ferri vecchi e altri oggetti e cominciai a vendere il cioccolato anche a Natale.
Il suo segreto?
Non faccio numeri ma qualità. Nel tempo mi sono attrezzato con macchinari più moderni ma restando nell’ambito artigianale. E continuo a sperimentare. Non mi vanto, però ho incantato tanti titolari d’azienda con i miei prodotti.
E anche tanti personaggi famosi…
Sì, tra i clienti ho avuto personaggi famosi e alberghi importanti, esporto in Germania su 60 battelli che percorrono il Reno, sono conosciuto in America, Giappone, Cina.
Come decise di aprire laboratorio e negozio ad Agliana?
Grazie ad Ercole Trinci, della nota torrefazione, che acquistava già i miei prodotti. Ricordo il primo giorno di apertura del negozio sulla vecchia Provinciale, per le feste di Natale, non c’era neppure la porta ed entrava il nevischio.
La sua più grande soddisfazione?
Le più grandi soddisfazioni si ottengono cominciando senza soldi e con pochi mezzi, come ho fatto io. Facendo la gavetta e maturando esperienza. In Svizzera noi immigrati all’inizio eravamo accolti male, ho avuto anche sputi addosso. Ma tutto dipende da noi. Sono riuscito a farmi stimare e ad avere rapporti umani bellissimi. E’ stata una grande soddisfazione arrivare ad essere conosciuto in tutto il mondo.
Ci tolga una curiosità: perché porta la barba così lunga?
L’ho fatta crescere quando sono tornato in Italia, come segno del cambiamento che stavo per affrontare. Mi dava un senso di forza.