di Marco Bagnoli. Foto: Adriano Tesi.
settembre 2013
Abbiamo incontrato Sauro Casseri, un sanpierano doc, uno che come tanti coltiva un suo hobby particolare, di quelli che spesso partono come interessi personali e poi finiscono col coinvolgere un vasto pubblico. Per molti anni è stato uno dei personaggi più conosciuti di piazza Gramsci e di piazza IV novembre dietro il Gallo Nero, ma in realtà Sauro è nato a Porretta Terme e fino a undici anni è vissuto a Cireglio; i suoi genitori si sono trasferiti a San Piero nel 1955; sua mamma faceva la sarta, il babbo operaio – anche Sauro, dopo il commerciale, cominciò ad andare a lavorare in fabbrica.
L’infanzia del nostro Sauro si svolge a cavallo di un mondo popolato dalle voci, dai rumori e dalla musica che usciva dalla radio e poi da quella scatola ingombrante del televisore – prima in qualche bar, poi direttamente in casa. L’Italia di quegli anni è una trapunta di canzonette e fiori di Sanremo. Nel 1964 la scena si sposta in piazza Gramsci, all’epoca senza fontana, ma con un’isoletta pedonale popolata da una siepe e da un lampione; Sauro e famiglia prendono in gestione il bar Gallo Nero e iniziano il loro lungo commento alla vita del paese punteggiato di pizze e caffè. Intorno ai quindici anni Sauro inizia a interessarsi al canto, senza che nessuno in famiglia avesse particolari velleità artistiche, se non la madre, che cantava nel coro della parrocchia; all’epoca non esisteva un mondo musicale al di fuori dello studio in conservatorio, ciascuno doveva inventarsi la propria strada da solo – una strada che il più delle volte non si riesce a riconoscere. Nel frattempo era arrivata la cartolina per partire militare. Si sposa con Laura nel 1969 e l’anno seguente nasce la prima bambina, Claudia; nel ’74 arriva Ilaria. Nel 1978 Sauro cede l’attività del bar, all’apice della sua popolarità, dopo il boom delle radio private, all’alba della nuova emittenza televisiva; gli anni che la gente lasciava l’ombrello al bar senza curarsi troppo di andarlo a riprendere, il tutto debitamente avvolto nella coltre delle sigarette.
Dopo tante pizze ci sta bene un dolce e la famiglia apre la pasticceria di piazza IV novembre, appena dietro il campanile. È il 1980 e nasce la terza bimba, Elena. L’estate dell’82 è l’estate dei mondiali, Sauro passa la trentina e uno dei vicini d’ombrellone rivela d’essere un tenore, un cantante vero – e allora la vecchia curiosità si riaccende e prendere delle lezioni serie sembra finalmente una cosa possibile. Il Maestro Natali di Firenze era la persona adatta, per giunta nato ad Agliana – uno che aveva fatto una carriera di tutto rispetto, arrivando a lavorare anche con una certa Callas. L’impegno dell’allievo era totale, per quello che poteva concedere dopo aver da portare avanti il lavoro e la famiglia. Tutto quello che poteva venire era ben accetto, e con la fatica e con gli anni qualche cosa era alla fine sbocciata: la soddisfazione di poter cantare di fronte a tanta gente con dentro la tranquillità di sentirsi finalmente sicuro dei propri mezzi. Parte la nota, silenzio assoluto e tocca a te – non ci sono trucchi o effetti speciali.
Una sera un suo conoscente di Montale lo invita a una serata musicale con pubblico e pianoforte d’accompagnamento: Sauro canta una canzone di Ranieri, con la paura di non ricordarsi tutte le parole e la soddisfazione per la voce che va senza problemi. Nel 1987 era riserva del tenore Ordonez per la Turandot di Torre del Lago diretta l M° Carelli – e poco mancò che dopo due settimane di prove non dovesse cantare per davvero! Seguita ad andare a lezione per una ventina d’anni, frequentando di volta in volta diversi maestri e direttori d’orchestra, guardando al canto come a un gioco meraviglioso che non lo stanca mai. Un bel gioco davvero, se era ingaggiato per cantare a una ventina di matrimoni l’anno; per non parlare della vetrina spettacolare più importante, quella del Giugno aglianese, che fino a non molto tempo fa organizzava sempre una serata di canto operistico.
Un analogo appuntamento è stato allestito quest’estate al teatro Moderno, con le Mille voci per Agliana, in procinto di replica il prossimo ventisette dicembre per le festività del Natale. Nel 2004 i locali del vecchio studio fotografico Vaiani accolgono la nuova avventura imprenditoriale della famiglia: il ristorante, che non poteva non chiamarsi “Il tenore”. Questa volta le pizze che vengono sfornate avrebbero fatto leccare i baffi a Puccini e la barba a Giuseppe Verdi: Turandot, Tosca, Butterfly sono nomi seducenti, gli ingredienti una sinfonia di sapori. Il salone accoglie un pianoforte a coda, molti amici e la voglia di fare tardi sfogliando le pagine della grande tradizione, col tenore in persona che non può negare una speciale esibizione.
Dal 2004 è in pensione e le piccole tessere raccolte negli anni gli hanno finalmente consegnato un mosaico tutto sommato discreto, fatto non solo di musica, ma anche della voglia di mantenersi in gamba, con la palestra, la ginnastica e un po’ di corsa, oltre alla squadra dei nipotini – Francesco, Anita, Ascanio, Giuliano, Fabio e Marina. Oggi, il viaggio nella musica continua, con lo spartito davanti e il cd che suona, mentre si va profilando la possibilità di tenere un corso di canto gratuito presso i nuovi ambienti della vecchia Coop, perché c’è ancora tanta voglia di farsi sentire.