di Marco Bagnoli
marzo 2014
Foto: AdrianoTesi
Qua ad Agliana la conoscono praticamente tutti; è una delle realtà associative più solide e meglio radicate, nonostante non si occupi di sport, né di devozione religiosa, o tradizione gastronomica – anche se poi riesce in vario modo a legarsi a tutto il resto che le sta intorno. Chiunque faccia la sua conoscenza non può che ammirarne l’intento, le motivazioni e i risultati. L’associazione è dedicata a Gianluca, rimasto vittima di un incidente automobilistico all’età di diciannove anni. Un evento incomprensibile nella sua assurdità, nella beffa al contempo quotidiana di colpire proprio un ragazzo pienamente in pace con la vita, soddisfatto della sue scelte e delle persone con cui le condivideva. I suoi familiari, i genitori Gloria e Mario e la sorella Laura, vivono lo shock in maniera differente da quella chiusura con cui legittimamente reagiscono in molti, e “decidono” di aprirsi – o quantomeno si ritrovano a farlo, così come Gianluca accettava quello che un nuovo giorno era pronto a offrirgli.
Una persona che è stata loro particolarmente vicina è don Francesco Saverio, il giovane prete che all’epoca si occupò per alcuni anni della parrocchia di San Piero; don Francesco è una persona speciale, capace di aggregare e motivare un gran numero di ragazzi, consolidando un’autentica amicizia con ciascuno di loro. In quel tragico momento la sua presenza rappresenta anche un’occasione per cercare di conferire un senso a qualcosa che un senso sembrava non poterlo assolutamente reclamare; i genitori di Gianluca decidono quindi di donare alla diocesi camerunense di Bafia, città di origine di don Francesco, la somma da lui risparmiata per comprarsi un’auto. Perché la questione della povertà in Africa non è un topos retorico e distante, ma è qualcosa che può esserti testimoniato di persona, qualcosa che può aiutarti a spedire un po’ del tuo dolore un po’ più lontano, dall’altra parte del mare. I soldi di Gianluca permettono di iniziare la costruzione di uno spazio polivalente, un ambiente in cui i ragazzi possono studiare o riunirsi per il catechismo, un tetto sotto il quale poter giocare e cantare, una sede per riunioni e conferenze; niente che susciti il nostro entusiasmo, non nella nostra fetta di mondo.
Da quel momento in poi l’idea di impegnarsi per gli altri diventa come un esercizio necessario, qualcosa che riempie le giornate e consente il fluire delle energie e dei pensieri; la mobilitazione coinvolge ben presto un numero sempre crescente di persone, spingendo a generose donazioni, o alle saltuarie partecipazioni in occasione delle molte iniziative organizzate dagli amici di Gianluca – dalle cene ai mercatini alle macchine a spinta del Giugno aglianese. Nell’agosto 2008 sono una quindicina, tra familiari e amici, a recarsi a Bafia a loro spese – vanno a fare i muratori, vanno a consolidare una relazione altrimenti troppo comoda e astratta dalla nostra provincia italiana.
Da alcuni anni l’associazione si sta impegnando in un nuovo progetto, “Tutti insieme si può”: è una specie di laboratorio che si volge nel fine settimana in una sala messa a disposizione dalla Misericordia di Agliana – il suo scopo è quello di coinvolgere un gruppo di ragazzi “diversamente abili”, anche se, come ci dice Antonello, amico di famiglia dei Melani, il concetto di normalità perde del tutto di significato quando si mettono in gioco le emozioni e i sentimenti. Si è così costituita una dinamica di scambio reciproco, tra i volontari, i ragazzi e le loro famiglie, fondata sulla condivisione e l’ascolto, senz’altro motivo apparente che non quello di vivere assieme il tempo che decidiamo di concederci; perché se la vita a volte ci colpisce, e ci colpisce duramente, è la stessa vita che può farsi terapia.