di Marco Bagnoli
settembre 2014
Roma venne liberata il 4 giugno del ’44, Firenze l’11 agosto. All’indomani della liberazione di Milano si contano più di diecimila vittime tra la popolazione civile; la Toscana è uno dei territori maggiormente colpiti: le stragi nazifasciste, concentrate soprattutto tra l’aprile e l’agosto del 1944, furono più di 280, i comuni interessati 83 e i morti tra i civili furono circa 4.500, cui devono essere aggiunte diverse migliaia di morti tra i partigiani. Il 2 e 3 settembre del ‘44 i Tedeschi in ritirata fanno saltare i ponti sulla Brana, mentre i partigiani della formazione “Agliana” decidono di affrontarli apertamente, in attesa degli Alleati. Col paese ancora in parte occupato dai nazifascisti, il 4 settembre s’insedia la prima giunta comunale, nominata dal CLN.
Buona parte di questa storia ci viene rammentata dalle strade e dai monumenti che ci circondano. Disponiamo di un buon assortimento di liberi pensatori, da Galileo a Giordano Bruno, da Dante a Leonardo; molti i musicisti, tra i quali Gaber e De André decisamente ascrivibili al primo gruppo. Se il versante risorgimentale non lamenta defezioni, piazza Ghandi, assieme a via Assisi e alla scuola intitolata a Capitini, ci insegnano un cammino non violento per l’indipendenza. La pura idealità è tratteggiata sulla via della Libertà, via della Repubblica, piazza della Resistenza, via XXV Aprile, via della Costituzione. Abbiamo due testimoni diretti della persecuzione totalitaria, Anna Frank e Primo Levi; e un manipolo di ostinati preti di campagna come don Minzoni, don Bosco, don Milani, don Gnocchi – assieme a don Bianchi e don Ceccarelli. I fratelli Cervi, Aldo Moro, Ilaria Alpi e Giacomo Matteotti passano il testimone a Enrico Berlinguer, a Sandro Pertini, a Giorgio la Pira. Sono i nomi che abbiamo deciso di avere come esempio, a sprone ideale delle nostre giornate; alcuni nomi invece non ce li siamo potuti scegliere: sono i nomi dei nostri compaesani che non ci sono più. La maggior parte di essi sono incisi sulle lapidi che decorano l’edificio del vecchio comune; qualcuno ucciso qui, qualcun altro a Montale, qualcuno ancora deportato in Germania. Alcuni erano militari, sorpresi dall’armistizio; altri carabinieri, come quelli ricordati nel monumento a Salvo D’Acquisto.
Molti altri sono nelle pagine dei libri di storia locale, ma lontana settant’anni; molti sono partigiani – quattro di loro ricordati sulle facciate del monumento in piazza della Resistenza. Germano Bellucci è stato ucciso prima del suo ventunesimo compleanno, il 19 settembre del ’43; si trovava a Klana, all’epoca territorio italiano. Al giro di boa dell’otto settembre decise di schierarsi con la resistenza locale. Il suo nome è stato per tanti anni legato al campo sportivo, lo spazio della fiera. Ivan Baranowski, detto Paolo, era invece un prigioniero russo sfuggito ai tedeschi sulla via Fiorentina e riparato presso il gruppo di Agliana: la notte del 3 marzo del ’44 è il più esposto nel corso di un’azione e perde la vita, aveva 26 anni. La via che unisce San Piero a San Niccolò è intitolata a Magnino Magni: faceva il panettiere, aveva una moglie e due figli – è morto a trent’anni, a Treppio, mentre copriva la ritirata dei compagni, il 17 aprile del ’44, medaglia d’argento al valor militare. Adelmo Santini di anni ne aveva ancora sedici quando il 25 agosto venne fucilato a Villa di Groppoli, sede del comando tedesco, dopo aver resistito tutta la notte all’interrogatorio. Anche a Gino Cecchi, fucilato alla Casa rossa il 14 luglio, assieme a Dino Nerozzi e Elio Tonsoni, è stata dedicata una strada.