di Giacomo Bini
settembre 2017
Disposti l’uno accanto all’altro fanno l’effetto di un dipinto astratto, oppure sembrano i pezzi di un misterioso puzzle; in realtà si tratta dei frammenti delle ceramiche rinascimentali ritrovate in diversi scavi tra Agliana e Montale. Splendidi i colori, rimasti inalterati nei secoli, enigmatiche le forme, perché si tratta di pezzi di vasi o di altri oggetti che appartenevano alla vita quotidiana della gente che abitava nella nostra zona dal 1300 al 1600. Cocci rotti che venivano utilizzati come materiali di riempimento nei solai o nelle costruzioni di nuovi edifici e che sono riemersi alla luce, tanti anni dopo, in occasione di scavi o di cantieri del nostro tempo. Sono una mescolanza variopinta di piccole tessere di un mosaico che non c’è più, quello della vita dei nostri predecessori, che possiamo intuire o ricostruire attraverso gli studi storici.
Ci mostra le foto di questo materiale Bruno Tempestini, l’ispettore onorario della Sovrintendenza archeologica per le zone di Montale, Agliana, Quarrata e Montemurlo, che è l’artefice di gran parte dei ritrovamenti archeologici compiuti nella nostra zona. Il materiale si trova nei magazzini della Sovrintendenza, conservato ma ancora non catalogato, e noi possiamo farcene un’idea solo grazie all’ordinatissimo e ricchissimo archivio fotografico di Tempestini, che ha archiviato la documentazione di ogni ritrovamento.
I due luoghi principali dove sono stati rinvenuti i frammenti di ceramica, sono la piazza di Agliana e la Badia di San Salvatore in Agna di Montale. Alcuni pezzi di piatti o di vasi, un po’ più grandi degli altri mostrano o fanno intravedere delle figure: quella di un volatile, quella di un guerriero e la sigla “S B”su un servito. Di certo c’è che le ceramiche venivano dalle fornaci e dalle fabbriche di Bacchereto, che era il centro produttivo principale ancor prima di Montelupo. Nel mare magnum del patrimonio archeologico toscano i frammenti di ceramica trovati a Montale e ad Agliana hanno un’importanza minore e trascurabile, ma per la nostra zona sono comunque una testimonianza da tenere nella dovuta considerazione. A Montelupo, centro famoso per le ceramiche nel mondo, hanno documentato tutte le ceramiche antiche, anche i più piccoli frammenti, in una serie di volumi curati da esperti e storici. Anche le ceramiche di Agliana e Montale meriterebbero almeno uno studio, una catalogazione e anche, magari selezionando gli esemplari più significativi, un’esposizione.
Bruno Tempestini, che ha avuto il merito di accompagnarci in un viaggio nelle antichità della nostra zona dall’epoca etrusca, a quella romana fino al rinascimento, mette a disposizione il suo archivio e la sua memoria. Sta poi alle istituzioni locali o a qualche ente o associazione culturale prendere l’iniziativa per ricomporre in un unico luogo un itinerario nel nostro passato più antico. Noi come rivista “Noidiqua” abbiamo cercato di sensibilizzare tutti verso la valorizzazione delle antichità di Agliana e Montale. Il materiale c’è, la documentazione sui ritrovamenti pure. Nella sala consiliare di Montale ci sono delle teche con una parte del materiale che potrebbero costituire un nucleo iniziale. Intanto non possiamo che ringraziare Bruno Tempestini per il lavoro svolto e per il contributo di conoscenze che ci ha offerto.