di Serena Michelozzi
settembre 2023
La Restorative Justice si riferisce a un paradigma di giustizia (in ambito penale) che nasce dalla necessità di un processo diverso da quello in cui la vittima assume un ruolo marginale e l’autore del crimine è posto al centro dell’attenzione. La giustizia riparativa, infatti, si concentra sulla partecipazione attiva della vittima, dell’offensore e della stessa comunità civile. Invece di delegare allo Stato, sono gli stessi attori del crimine che affrontano le conseguenze del conflitto utilizzando strumenti di riparazione, ricostruzione e riconciliazione, con l’obiettivo di rimuovere le conseguenze del reato attraverso l’incontro delle parti e con l’assistenza di un mediatore terzo imparziale, adeguatamente formato.
Con la Riforma Cartabia la giustizia riparativa è finalmente approdata in pianta stabile – con una disciplina organica – nel nostro ordinamento. Già utilizzata per lo più nel processo penale minorile soprattutto attraverso il procedimento di messa alla prova (poi esteso al processo penale ordinario con la L. 67/2014), il nuovo istituto pare prepararsi ad operare una piccola ma significativa rivoluzione, soprattutto se innestato nella giustizia punitiva, rendendola complementare sul piano procedurale e addirittura sostituendo la pena sul piano sostanziale.
È sufficiente leggere la definizione che ne dà la riforma Cartabia per rendersi conto di come si abbia a che fare con una realtà completamente diversa da quella punitiva: ai sensi dell’art. 42.1, lett. a), d.lgs. n. 150/2022, è giustizia riparativa «ogni programma che consente alla vittima del reato e alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore».
La giustizia riparativa si pone come obiettivo primario quello di mettere in primo piano i bisogni delle vittime attraverso un loro attivo coinvolgimento e il riconoscimento della sofferenza da parte del reo insita nel processo di vittimizzazione. È importante che l’autore di reato comprenda le conseguenze del suo comportamento e che intraprenda un percorso riparativo e responsabilizzante verso la vittima.
L’auspicio è dunque che anche nel nostro Paese possa farsi strada la convinzione che la risoluzione delle controversie non sia appannaggio esclusivo della giurisdizione statale, ma possa essere efficacemente affidata a soggetti privati, nell’ambito di procedure eterogenee di composizione della lite e che, dinanzi ad un percorso di crescita – avviato già con la Riforma- delle sensibilità verso il paradigma riparativo della giustizia, possa riscontrarsi il medesimo progresso anche nelle convinzioni che strutturano i processi decisionali, probabilmente ancora oggi legate a un modo di pensare tradizionale, in cui le formule di giustizia riparativa tentano di inserirsi e di costituire investimenti possibili e prospettive realizzabili per una giustizia più inclusiva, efficiente e sostenibile.