Alluvione un anno dopo: cosa è cambiato?

Alluvione un anno dopo: cosa è cambiato?

di Giacomo Bini. Foto: Gabriele Bellini

settembre 2024

Tra poche settimane sarà un anno dall’alluvione del 2 novembre 2023 e le notizie e le immagini che vengono dall’Emilia Romagna fanno paura. In quei territori a noi non lontani si è ripetuta una disastrosa alluvione a distanza di soli 16 mesi. Le televisioni trasmettono scene che sembrano di guerra: case distrutte, gente sfollata, strade deserte, rabbia e disperazione nei residenti. Come dopo un bombardamento. Gli abitanti della zona, che sono coraggiosamente adoperati per ricostruire case e negozi dopo l’alluvione del maggio 2023 ora si trovano di nuovo travolti dal fango. Avevano rimesso a posto le loro case a proprie spese, contraendo mutui, caricandosi di debiti e di rate da pagare, perché i risarcimenti non ci sono stati se non in misura irrisoria. Ma gli emiliani e i romagnoli non hanno chiesto elemosine, si sono frugati nelle tasche e si sono rimessi in piedi. E’ gente a cui non piace lamentarsi vanamente e sono abituati a lavorare sodo, contando sulle proprie forze e sulle risorse della solidarietà e del volontariato. Ora hanno preso un’altra batosta e si guardano attorno per capire cosa le istituzioni abbiano fatto in 16 mesi e cosa intendano fare ora. Al momento vedono solo il rimpallo delle responsabilità, un deplorevole sciacallaggio politico su quanto è avvenuto. Si sono rimessi a spalare, a ripulire, a tentare di riprendersi, sempre e solo a proprie spese.

Quanto potranno resistere? Mentre ci facciamo questa domanda ne nasce un’altra ancora più angosciosa: e se ricapitasse anche qui, anche nella nostra piana, un’alluvione come quella del 2 novembre 2023? Le nostre zone sono più sicure di un anno fa? Degli interventi sono stati fatti, altri sono stati progettati, ma è difficile sostenere che il grado di rischio sia diminuito in modo significativo. Prendiamo il caso del torrente Agna a Montale, il cui argine si è rotto per circa cento metri il 2 novembre. Il letto del torrente è stato dragato per circa due chilometri, per livellarlo meglio e renderlo più “pensile”, di quanto non fosse prima. Ma l’argine è lo stesso. Alcuni residenti della zona indicano con preoccupazione un paio di tratti poco più a valle del punto della rottura dello scorso anno, dove scorgono una maggiore fragilità. Dell’intervento di rafforzamento dell’argine, uno di quelli indicati come prioritari dalla Regione, non si conoscono progetti, tempistiche e soprattutto non ci sono i soldi. I fossi secondari della zona di Stazione a Montale sono rimasti ostruiti per diversi mesi e solo da qualche settimana si vedono dei mezzi al lavoro.

In occasione dell’ultima allerta arancione gli abitanti delle zone alluvionate erano terrorizzati, si sono muniti di paratie alle porte e hanno chiesto sacchi di sabbia alla protezione civile. Anche loro hanno rimesso a posto le loro case a spese proprie, accendendo mutui per diverse decine di migliaia di euro per: mobili, impianti, intonacature e automobili. Hanno dato fondo a tutte le loro risorse economiche, fisiche e anche psicologiche, perché il trauma dell’alluvione resta nell’animo di chi l’ha subito per lungo tempo.

E’ la stessa situazione degli abitanti dell’Emilia Romagna a cui guardiamo tutti con apprensione oltre che con ammirazione. Anche qui, come nella regione a noi vicina, non si pretende la soluzione immediata, ma si pretende un impegno adeguato ai tempi, uno sforzo almeno paragonabile a quello compiuto dalle persone coinvolte. Quello che è stato fatto finora è troppo poco.

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