di Massimo Cappelli
novembre 2011
Amatissimi lettori, in questo numero vi renderete conto che c’è ben poco da ridere. Vi informo anche, che per problemi di tempo, questo pezzo non è interamente opera mia; il Ghost Writer è stato il buon David Colzi, caporedattore di NOIDIQUA e copy di agenzia. Ovvio, i concetti David li ha colti (non “Colzi”) da una nostra recente conversazione, ma gran parte dell’articolo lo ha steso lui e questo lo dico per dovere di cronaca. Nella lettera che leggerete, Massimo Cappelli è un autore “scritto” ma non “scrivente” . Comunque nella storia ci sono stati pochissimi casi simili, per citarne due: Socrate e Gesù… Del resto (Benigni docet) tutti i grandi hanno dei predecessori… no? …Buona lettura!
Caro Savonarola,
Scusa le volgarità… eventuali (come direbbero Benigni e Troisi), ma visto che ci avviciniamo alle festività natalizie, ho deciso anch’io di scrivere la mia “letterina”: però, per quello che voglio dire, mi sembri più appropriato te come interlocutore, anzichè il più classico Santa Claus. Il motivo è che, chi scrive al simpatico “Babbo delle nevi” lo fa per ricevere i doni e quindi per alimentare il consumismo… anche se con questi chiari di luna c’è poco da alimentare. Comunque sia, con pochi o tanti soldi, dubito fortemente che questo Natale 2011 sarà all’insegna della completa sobrietà. Ecco perché io voglio scrivere a te, il più grande dei fustigatori di malcostumi che si sia visto in Italia e, assieme a te, vorrei scagliarmi contro i falsi valori di questa festività, cominciata con la “capannuccia” di Betlemme… e finita ahimè, con i Megastore presi d’assalto per le offerte dell’ultimo minuto (non ultimo, c’è il caso di Roma del 27 ottobre scorso). Ciò che voglio dire, con ardente passione (anche se il termine “ardente” a te non piacerà molto, visti i trascorsi) è che oggi tutti noi, partendo dai bambini e passando ai genitori (nonni compresi), vediamo questa festa quasi esclusivamente dal lato commerciale, infatti (e questo non sai quanto mi fa inc****re) i primi di novembre vediamo negozi e centri commerciali addobbati. E il lato più importante, quello religioso, dove lo mettiamo? O per chi non crede, l’aspetto etico e comportamentale, lo stare insieme, la famiglia, non contano niente? Natale è diventata una festa solo in funzione del regalo da fare talvolta anche a parenti con i quali, magari, non parliamo per un’intero anno, ma quando arriviamo “sotto le feste” prendono parte al rito. Cosa conta fare un regalo e farsi vedere solo per Natale? Solo perché piace sentirci dire: “Ovvia, o i che ti sei messo a fare? Nooo, non tu dovevi disturbarti… O che hai pers’ iccapo!” Che vergogna… e lo dico da peccatore! Qui ci vorrebbe un bel “Falò delle Vanità” (e stavolta non faccio gaffe perché te ne hai fatto uno nel 1497 per mettere al rogo gli orpelli pagani della Firenze rinascimentale) o comunque fare almeno un Mea Culpa.
Vogliamo poi parlare del pranzo? Tavolate imbandite con antipasti, primi, secondi… terzi, quarti, dolci e via di seguito. Sai, caro Girolamo, ogni qual volta ci sediamo per dare inizio alle libagioni, non manchiamo mai di rammentare ai nostri figli che sono fortunati perché “ci sono bambini nel mondo che non hanno da mangiare”. E allora noi che esempio diamo con tanta abbondanza? Non a caso un’altra frase tipica del dopo pranzo natalizio è: “E ora tutti questi avanzi chi li mangia?” Insomma, come vedi, le cose non sono certo migliorate, in termini di sobrietà e spiritualità, da quando “la festa” la fecero a te… invece che al cappone. Io non dico che si stava meglio quando si stava peggio, però, sempre per citare i miei due illustri predecessori, Troisi e Benigni: “E che è oh! Diamoci una calmata …”
Se ciò non ti basta, per capire come siamo messi, ti vorrei illustrare un’altra cattiva abitudine che ha preso piede da un po’ di anni: mi riferisco alla moda di passare le festività lontani da casa, magari facendo un viaggio, piccolo o grande, tanto per ostentare il proprio status symbol (talvolta vero, talvolta presunto). Così perdiamo anche il primo vero baluardo del Natale, cioè la famiglia. Infatti fino a qualche anno fa, il 25 dicembre era il pretesto per riunirsi tutti e passare qualche ora assieme agli affetti più cari: oggi invece sta perdendo vigore anche il motto “Natale con i tuoi…” Certamente l’austerità che ci impone questo momento di crisi si farà sentire anche sui viaggi, ma comunque meno di quello che si possa pensare.
In conclusione, caro Savonarola, vorrei dire che dovremmo tutti fare un paio di passi indietro, ed io mi metto a capofila (forse assieme a qualche politico nostrano… ma questa è un’altra storia). Tutti, o quasi, stiamo vivendo sopra alle nostre possibilità, con l’armadio pieno zeppo, con l’ultimo modello di cellulare in tasca e l’auto più lunga di qualche metro. Lo so, lo so, ora tu stai pensando “senti da che pulpito…”, perché tutto questo detto da me ti sembra un paradosso, poiché col mio lavoro contribuisco al consumismo ma… per tornare a Troisi: “ch’aggi’a ffa”, oggi m’è presa così. Poi credo che dovremmo riconoscerci tutti nei colori della nostra Italia e se questo richiede un sacrificio… facciamolo per la miseria! (Appunto). Non dimentichiamoci che per fare l’Unità, che tutti orgogliosi abbiamo festeggiato quest’anno, i ragazzi di vent’anni andavano a morire ammazzati in nome del tricolore. Ora ti saluto davvero e quando mi capiterà di passare da Piazza della Signoria ti rivolgerò un pensiero.