Don Ferruccio Bianchi – un parroco innovatore

Don Ferruccio Bianchi – un parroco innovatore

di Piera Salvi. Archivio foto: Adriano Tesi

giugno 2013

“Lo ricordo ancora, sempre col suo sorriso simpatico e buono. E non credo di esagerare se affermo che questo paese di gente semplice e buona porta impresso in sé il ricordo di Lui, di Don Ferruccio, come l’immagine di un padre si imprime, in qualche modo, nei figli”. Scriveva così, nel 1972, Don Sinibaldo Sottili, allora parroco di S. Michele e successore di Don Ferruccio Bianchi, nella pubblicazione “Il Curato di S. Michele”, realizzata a cura del Comitato parrocchiale in nome di tutto il popolo, per il centenario della nascita di Don Ferruccio. In quell’anno fu intitolata a Don Bianchi la piazza principale del paese e il Comitato parrocchiale, nella stessa pubblicazione, ringraziava l’amministrazione comunale per avere accolto favorevolmente la richiesta di intitolazione della piazza al sacerdote che per quasi cinquant’anni (dal 1904 al 1953) aveva guidato la parrocchia di S. Michele. Don Ferruccio era nato a S. Angiolo di Piuvica (Pistoia) il 16 giugno 1872 da Annibale Bianchi ed Amabile Benesperi e fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1895. Inizialmente fu cappellano a Casalguidi ed a Piteccio, poi a San Baronto.

Divenne parroco di S. Michele il 27 maggio 1904. In quasi mezzo secolo di zelante ministero realizzò a S. Michele l’asilo e la scuola parificata elementare “Casa degli Angeli Custodi”, il teatro parrocchiale e l’ampliamento della chiesa. Inoltre, contribuì con ogni mezzo a fondare la Cassa Rurale e Artigiana e gettò le basi per l’Oratorio nella frazione di Ponte dei Bini. Nella storia dei primi movimenti sociali cristiani della Diocesi di Pistoia occupò un posto di primissimo piano, pur con la sua presenza schiva e umile. E’ ricordato come pastore e maestro, come un uomo d’azione e un sacerdote che precorreva i tempi. Morì a S. Michele il 21 maggio 1953.

L’emancipazione del suo popolo dall’analfabetismo fu uno dei principali impegni del ministero di Don Bianchi. Voleva la scuola anche a S. Michele poiché in quell’epoca i fanciulli erano costretti a recarsi a S. Piero, percorrendo strade fangose e spesso allagate. Così il Curato, prima di portare a compimento la “Casa degli angeli custodi”, allestì in parrocchia la scuola elementare e il doposcuola per chi continuava gli studi. Anche il teatro era per lui un mezzo di emancipazione del popolo. Fondò una filodrammatica, ma non “unisesso” come tutte le filodrammatiche che in quel periodo nascevano all’ombra dei campanili: era un gruppo composto da uomini e donne che gli causò pure contrasti con l’autorità ecclesiastica. Amava la musica e si impegnò perché i giovani della parrocchia imparassero musica e canto. L’amore per gli uomini lo portò, nel 1919, a testimoniare in tribunale a favore di un gruppo di socialisti aglianesi accusati ingiustamente. Nel 1927, una sera, alla vigilia delle Quarantore, fu bastonato dai fascisti; ma la mattina dopo, con la testa fasciata, celebrò la messa. “So che perdonò tutti”, raccontava un parrocchiano.

 

Notizie raccolte nella pubblicazione “Il Curato di S. Michele” (1972)

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