di David Colzi, foto di bellinigabriele.it
agosto 2011
La storia della sartoria?
Elisa: La sartoria nasce nel 1979 fondata da nostro padre, Silverio Monaco: lui è di origine abruzzese ed è arrivato in Toscana a sedici anni, dato che qui aveva già dei fratelli. Ha sempre lavorato nel settore tessile, ma la passione per la sartoria gli è stata trasmessa dai suoi genitori che fin da piccolo lo hanno mandato in bottega ad imparare il mestiere.
Il suo è stato quindi un percorso lineare?
Claudio: Sì, ma fino a un certo punto! Infatti iniziò con il primo negozio in Via della Libertà, proponendosi come sarto da uomo e poi specializzandosi negli abiti da ballo. Certamente il periodo non era dei migliori, perché già c’era la forte competizione degli abiti industriali e della grande distribuzione. Per fortuna, tramite compagnie teatrali locali, soprattutto di Prato e Pistoia, arrivarono le prime richieste per abiti di scena: fu allora che mio padre capì che quello poteva essere uno sbocco lavorativo interessante, anche perché gli anni ‘80-’90 sono stati molto fertili per il teatro. Da circa cinque anni siamo in Via Rosselli in uno spazio più ampio.
Sono stati gli anni in cui voi due siete nati…
E: (sorride) Fin da piccoli, sia io che mio fratello abbiamo preso parte alla vita della sartoria. Prima come spettatori: guardavamo la mamma e il babbo che cucivano gli abiti e ci portavano con loro nei teatri per le prove-costume. è stata un’infanzia dietro le quinte, parlando con gli attori, oppure tra le stoffe in negozio dopo la scuola.
C: Va infatti ricordato che nostro padre ha sempre potuto contare su mamma Rosa per i ricami, le decorazioni e molto altro. Per quanto riguarda noi figli, possiamo dire che il nostro apprendistato è iniziato a cinque anni: ad esempio io ho delle foto da piccolo in cui avevo già in mano ago e filo (sorride).
E quando questo gioco è diventato un lavoro?
E: Io sono entrata ufficialmente in sartoria nel 2006, cioè dopo la Laurea in Progettazione della Moda presso la Facoltà di Architettura di Firenze.
C: Io invece è dal 1997, dopo aver compiuto vent’anni.
Che tipo di lavoro è il vostro?
C: E’ un lavoro impegnativo che comprende varie fasi tra cui lo studio storico del capo che si vuole realizzare, la creazione del modello e infine la realizzazione. è un percorso impegnativo che richiede molta abilità ed esperienza: per confezionare un singolo capo ci può volere anche più di una settimana lavorando dalle dieci alle dodici ore al giorno.
Oggi come procede il vostro lavoro?
E: Non senza difficoltà, visti i budget sempre più ridotti che hanno i teatri. Ovviamente non parliamo di quelli grossi come La Scala di Milano, che riescono bene o male a restare “a galla”: la batosta l’hanno subita soprattutto le piccole o medie compagnie, e qui da noi, tra Pistoia e Firenze ce ne erano molte.
C: Le situazioni dei teatri italiani le conosciamo bene, avendo avuto la fortuna di collaborare con molte realtà regionali tra cui Veneto, Emilia, Sicilia ed ovviamente Toscana. Abbiamo portato i nostri abiti anche in Francia e Svizzera, tra opere teatrali e liriche.
La più bella soddisfazione?
C: Aver imparato un mestiere che mi consente di progettare e realizzare una mia idea: questa abilità manuale e l’esperienza maturate in tredici anni di lavoro, sono state riconosciute dall’Istituto Polimoda di Firenze per il quale da ottobre 2010 tengo corsi di sartoria uomo.
E: Per me, la cosa più bella è poter insegnare agli stagisti che vengono da noi. D’altronde di designer o di stilisti ce ne sono tanti e tanti sono anche i corsi e le scuole che possono dare una buona formazione: ma quando c’è da imparare il mestiere del sarto, la cosa si complica un po’ e diventa difficile poter studiare questa arte.
C: Poi ci sono anche le sfilate storiche che ci danno molte soddisfazioni: ad esempio quest’anno sono state molto apprezzate quelle per il Giugno aglianese, a cui noi abbiamo dato il nostro contributo gratuitamente.
Stagisti?! Quindi anche le scuole vengono da voi?
E: Negli anni ‘90 scuole superiori tipo il Cicognini o il Buzzi avevano laboratori di teatro e quindi mandavano i ragazzi da noi anche per fare costumi: oggi quasi tutte queste realtà non esistono più.
C: Dicevamo all’inizio che da poco ci siamo trasferiti in uno spazio più ampio: questo è stato fatto con l’intento di realizzare una “sartoria-studio”, dove non solo le scuole, ma anche i singoli ragazzi possono venire da noi con l’intento di imparare un mestiere, dato che oggi si fa un gran parlare dei lavori artigianali che non vuole più fare nessuno.
A conti fatti… il babbo che pensa della vostra gestione della sartoria?
C: Credo che sia contento! Lui adesso è ufficialmente in pensione, ma è quasi sempre qua da noi e ovviamente siamo felici di questo, perché ha ancora molto da insegnarci. Quindi anche se adesso la Sartoria Monaco siamo io ed Elisa, lui continua ad essere la colonna portante dell’azienda! (sorride)