Fenenna Caramelli – poetessa aglianese

Fenenna Caramelli – poetessa aglianese

di Marco Bagnoli

marzo 2014

La quotidianità della nostra vita nella provincia profonda sembra suggerirci una sempre crescente ristrettezza di vedute, un’aridità di prospettive, una noia emozionale proporzionata alla pacatezza delle nostre familiari tradizioni; eppure qualcosa di autenticamente poetico deve pur esserci, se una signora della porta accanto prende la penna per raccontarsi in versi.

Fenenna Caramelli, classe 1924, abita a San Michele, la quarta casa dietro il campanile. Quando era bambina lei non c’era la televisione, il cinematografo era in bianco e nero e l’America dovevano ancora inventarla, dall’altra parte dell’oceano; era figlia di contadini, in casa erano tre sorelle e i parenti si riunivano per ammazzare il maiale. Studia fino alla quinta elementare, vede le sorelle trovare il fidanzato, poi finalmente pure lei si sposa, è il 1950 e anche lui è contadino. Hanno due bambini, Rodolfo e Angela e all’inizio degli anni sessanta tornano di casa dove la signora Caramelli abita tutt’ora. Rimasta vedova di Agostino, Fenenna tira avanti, lavora in casa rifinendo le maglie, con tanti pensieri e le solite preoccupazioni.Fino a questo punto della storia la poesia è quella letta sui libri di scuola, o quella pubblicata sull’Alfiere, che si comprava in chiesa – soltanto una parente si dice scrivesse qualcosa, è lei che tramanda il nome alla nostra Fenenna. Trascorrono gli anni della guerra fredda e arriviamo al traguardo dell’89: nelle sale del Comune viene dato un rinfresco, Fenenna vede sulle pareti una paio di poesie incorniciate, scritte da due poeti aglianesi, Costantino Bonacchi e Marino Baroncelli. Sono l’incoraggiamento di cui aveva bisogno, da allora inizia a scrivere e a far leggere quello che di tanto in tanto appuntava su un foglio. Entra nel Gruppo Poeti Aglianesi e partecipa ad un concorso dopo l’altro, confrontandosi col timore del microfono e con la gioia della pubblicazione – a fianco degli altri autori locali, oppure da sola, come nel volume che il Comune le dedica nel 2008, “Testimonianze del ‘900”.

Le sue poesie parlano della guerra e del femminicidio, della politica di questi anni e della nostalgia per le persone amate; la sintesi efficace dei versi si alterna al racconto disteso nella prosa. «Ho ottantotto anni e credo di avere ancora molte cose da dire e da scrivere. Vivo sola, sto ancora bene così. La scrittura è la mia gioia e la mia terapia, questo mi dà equilibrio e determinazione per tenermi viva. Mi piace dare un titolo e un senso ad ogni capitolo per poi rileggerlo. Certo, non pretendo di essere una vera scrittrice, ma tutto questo non mi fa conoscere la noia. Mi ritengo fortunata ad avere questa passione e a questa età mi sento ancora innamorata della vita e voglio continuare, anche se il mio pudore tante volte mi fa un po’ vacillare. Chi scrive non smette mai di cercare. Per scrivere bisogna saper cogliere tutti i misteri e le magie che ci circondano. Nessuna cosa è assoluta e perfetta né eterna, solo l’eternità è vera. La scrittura ti isola, è importante per l’equilibrio interiore, per trovare il senso giusto dell’esistenza, perché chi legge cerca risposte al suo pensare», conclude Fenenna Caramelli.

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