di David Colzi. Foto: Adriano Tesi
dicembre 2015
La cosa che più colpisce nell’incontrare lo scultore ottantenne Giancarlo Nerucci, non è tanto la sua vitalità e la sua innata parlantina, quanto i suoi occhi brillanti che ti guardano da sotto il berretto; oltre ad essere di un bel colore azzurro chiaro, sono limpidi come quelli di un bambino che si stupisce ancora delle cose del mondo. Infatti lo stupore è da sempre la molla che fa scattare la sua creatività e l’amore per il legno, entrambi iniziati nell’immediato dopoguerra, quando trovò gli attrezzi di nonno Ferdinando; si trattava di oggetti semplici e rudimentali, che nelle famiglie contadine servivano per realizzare zoccoli e strumenti in legno per la vita di tutti i giorni. Con questi ebbe da bambino il suo primo approccio al legno, cimentandosi nella costruzione di gabbie per merli: «Se arrivavo all’ultima stecca e la gabbia non era venuta come volevo io, ci “mettevo un piede sopra” e ripartivo da capo» dice fiero Nerucci. La creatività cominciava così a ribollire nel giovane Giancarlo tanto che, sempre da ragazzo, realizzò da solo un trapano alimentato a mano, per aiutarsi nel lavoro.
Per tutta la vita ha coltivato questo rapporto privilegiato con il legno, che rimane a tutt’oggi l’unico materiale utilizzato. Guardandolo e toccandolo, si lascia trasportare dalle curvature, dai nodi, della consistenze, abbandonandosi così alla magia delle creazione: «Io guardo il legno e cerco di capire quale forma ci può venire fuori;» specifica Nerucci «poi lo aiuto, togliendogli l’eccesso o aggiungendo quanto basta per far venire fuori la scultura». Chiaramente non si serve di tavole già tagliate, ma di ceppi e rami di varie dimensioni, recuperati negli anni durante le passeggiate sulla montagna pistoiese vicino ai fiumi, o sulle spiagge di Torre del lago, nei periodi in cui le mareggiate portano a riva i vecchi tronchi. A tal proposito la figlia Elena, ricorda: «Quando lo accompagnavo al mare, lui ogni tanto veniva da me con un pezzo di legno e mi chiedeva cosa ci vedessi, e così parlavamo…» Quindi non stupisce che anche lei abbia ereditato la vena creativa, anche se non si occupa di scultura. I soggetti realizzati negli anni da questo maestro sono stati variegati: dagli animali, ai ritratti, ai crocifissi e altro ancora. Una passione quella per l’arte, che non si è mai assopita, e nemmeno le fatiche del lavoro ai telai hanno ha saputo intaccare: «Non ho mai sentito la fatica del legno» dice sicuro Nerucci.
Ma il suo amore per questa materia non si è riversato solo nella pura scultura; infatti negli anni si è cimentato, sempre da autodidatta, anche nel restauro di mobili e nel recupero di oggetti abbandonati, riportati a nuova vita dalle sue sapienti mani. Nella sua casa spiccano su tutti uno splendido filatoio per lana, con tanto di ruota ed alette, e uno scaffale angolare, le cui parti in vetro sono state sostituite da 300 pezzetti di legno tipo mosaico. Proprio quest’ultimo stile rappresenta un nuovo filone creativo per Nerucci; con questa tecnica realizza oggi quadri dai colori e dai disegni più disparati, aiutandosi con i vari tipi di legno (nella foto in alto si vede una splendida rosa dei venti).
Rimanendo in tema di ultime novità, veniamo a scoprire che a novembre di quest’anno, una bella iniziativa è stata messa in atto da una maestra della scuola elementare di Spedalino che, avendo visto la video-intervista fatta a Nerucci per il sito www.youreporter.it, ha deciso di portare i bambini di quinta elementare a trovare il Geppetto di via Settola. «I bambini sono stati molto curiosi e hanno chiesto tante cose su come si realizzano le sculture e sul loro significato.» dice la signora Gabriella, moglie dello scultore. «Pensi che un bambino è tornato anche nel pomeriggio, per far vedere alla sua mamma le opere». Così Giancarlo, Elena e Gabriella ci fanno sapere che sarebbero disponibili ad ospitare altre classi nella loro proprietà, per mostrare ancora ai più piccoli come lavora un artista-artigiano del legno.