di Massimo Cappelli
giugno 2023
Ho conosciuto Riccardo Berti nel lontano 1990, quando entrambi facevamo parte della divisione commerciale di Publiaudio (attuale Media Hit) la concessionaria di pubblicità dell’allora giovane Radio Cuore. Quel periodo per entrambi è stato l’inizio della formazione nell’ambito del marketing e della comunicazione. In tempi economicamente incerti come questo, in un mercato ogni giorno più strano dove la concorrenza delle aziende meglio strutturate si fa sempre più insidiosa e la domanda sembra essere rivolta, con la complicità della Rete, solo ai colossi, quello che fa la differenza per il successo di un’azienda, sono le intuizioni, le scelte, la programmazione. Molto spesso gli imprenditori hanno bisogno di supporto e di conferme, per far fronte, per esempio, ai propri coinvolgimenti emotivi che possono essere un grosso ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi. In questi casi soltanto qualcuno dall’esterno all’azienda può essere di forte aiuto. Riccardo Berti di mestiere fa questo: il consulente di marketing, o per dirlo con altre parole… “il fabbricante di successi”. L’ho invitato in redazione per farmi raccontare la sua storia direttamente da lui.
Molti anni fa mi dicesti: “Con la conoscenza acquisita e la passione che mettiamo nel nostro lavoro, spesso, ci sfuggono molte informazioni del tutto gratuite”. È stato lì che hai deciso di fare il consulente?
Questo non me lo ricordo. Mi ricordo invece di averti conosciuto quando tu ti portavi dietro una “cabina telefonica”, della quale restai affascinato, da allora la mia passione per la tecnologia non mi ha più abbandonato.Ricordo anche le nostre esperienze condivise, come “4Food”, e di quando, grazie a quel progetto, facevamo delle ricche abbuffate nei ristoranti al top della zona, che tempi.
E qui ci vuole la spiegazione: Riccardo nella prima parte fa riferimento al mio primo telefono cellulare del 1989 che avevo installato in auto, ma che si poteva estrarre e portare come una valigetta. Mi hanno preso in giro per molto tempo, lui a capofila, si arruffianavano soltanto quando avevano bisogno di telefonare. “4Food” invece fu per un periodo una divisione aziendale dell’agenzia, rivolta, appunto, al food, e a tutte quelle aziende che avevano a che fare con il cibo come prodotto. In quel periodo ideammo, insieme a Maria Stefania Bardi Tesi, la rassegna gastronomica “Icché bolle in pentola”, una sfida fra persone comuni che cucinavano ricette della tradizione toscana nei ristoranti più in voga della zona. Ne uscimmo con quattro o cinque chili in più.
Quali sono state le aziende più significative che hai seguito, gli eventi più gratificanti, e in tutti questi anni qual’è stata la più grande soddisfazione?
Per raccontarvi le esperienze vissute sul campo occorrerebbe un numero speciale di NoiDiQua, perché gli aneddoti e i racconti dei tanti imprenditori con i quali ho avuto il piacere di collaborare e contribuire allo sviluppo dei loro progetti, sono veramente unici. Come sai benissimo, Massimo, nel nostro lavoro capita spesso di instaurare rapporti che vanno molto al di là della professione, la stima reciproca è il vero valore aggiunto che purtroppo, per effetto della “digitalizzazione” oggi si rischia di perdere.
A proposito, come vedi il futuro delle imprese?
Oggi spesso si sente dire: “Bisogna reinventarsi” per stare al passo con i tempi. Questo è vero, ma oltre ad innovarsi bisogna essere capaci di “mixare”, come avrebbe fatto il compianto Riccardo Cioni (idolo di uno splendido periodo della mia vita) ovvero unire agli strumenti attuali le esperienze che in passato hanno dato grandi soddisfazioni. Il mondo cambia inesorabilmente e le scelte, le idee che hanno fatto la fortuna di un’azienda per cinquant’anni, non è detto che non vadano riviste per metterle a frutto anche per il futuro; la cosa fondamentale, però, è quella di mantenere sempre una forte identità”.
Il nostro giornale entra in oltre ventimila case, che consiglio vuoi dare ai giovani che vogliono diventare imprenditori?
NoiDiQua è un mezzo che sento anche un po’ mio. Nella fase progettuale ricordo che non eri molto convinto di intraprendere l’attività editoriale, e che non fu facile convincerti, ma i risultati di oggi sono sotto gli occhi di tutti. Mi raccomando non fermarti qui! Comunque sia abbiamo ancora il piacere di condividere questa amicizia che ci fa fare tante sane risate ricordando i vecchi tempi ma pianificando anche nuovi progetti, in realtà, in fondo in fondo siamo “giovanissimi di spirito”. Per quanto riguarda il consiglio da dare ai giovani lo hanno già fatto molte persone più autorevoli di me. Ma se devo proprio pronunciarmi verso i ragazzi, vorrei allacciarmi a ciò che disse Steve Jobs nel suo famosissimo discorso ai giovani laureati dell’università di Stanford nel 2005 (è facile trovarlo nella rete) l’intervento durò solo quindici minuti ma con concetti talmente profondi da poter essere inserito direttamente nei libri di Storia, cercatelo. Per Jobs la differenza sta nelle visioni che ogni giovane deve assolutamente avere, nell’inseguire i propri sogni senza mai arrendersi, avendo cura del valore del tempo e della vita. Da quel discorso scaturì il famoso aforisma colmo di una grande carica morale ‘Siate affamati, siate folli”.
In una sua vecchia canzone, Giorgio Gaber cantava: Per fortuna che c’è il Riccardo che da solo gioca a biliardo non è di grande compagnia, ma è il più simpatico che ci sia. Anche il nostro Riccardo è simpatico e a differenza di quello di Gaber è pure di grande compagnia. E’ un eccellente cuoco, esperto di vini e accreditato sommelier, ha da sempre la passione per la pesca e da qualche anno anche per la bicicletta. Gli piacciono ancora moltissimo le donne… ma non si ricorda perché. Onestamente non so se ha mai giocato a biliardo, ma sono sicuro che le palle, spesso, le ha fatte girare lo stesso… sì, le ha fatte girare ai concorrenti delle aziende per le quali ha svolto il suo lavoro.