Marco Marini – Qualità e tradizione sul banco!

Marco Marini – Qualità e tradizione sul banco!

di David Colzi

maggio 2011

Da quanto tempo siete in attività?
Dal 1904; oggi siamo arrivati alla quarta generazione con i miei figli. Hanno iniziato mio nonno e mio zio, poi mio padre al quale sono subentrato io assieme a mio fratello Claudio e infine Nicola e Manuel.

Come procede il lavoro?
Bene sia al dettaglio che all’ingrosso, esportando anche in Germania, Francia, Inghilterra, Slovacchia, Repubblica Ceca e altri ancora, oltre ovviamente a tutta Italia. Insomma i nostri prodotti sono molto richiesti.

E la critica?
E’ sempre stata benevola con noi, scrivendo ottime recensioni sulle riviste di settore. Poi abbiamo partecipato come ospiti in programmi Rai. In negozio è venuto Davide Paolini, noto giornalista esperto di enogastronomia per il canale televisivo La7. Diciamo che dagli inizi degli anni ‘90 sono stati moltissimi gli interventi di questo tipo. (sorride)

Ma perché tanto clamore? Questa macelleria cosa ha di speciale?
Semplicemente puntiamo sulla qualità dei prodotti, sulla lavorazione artigianale e sulla stagionatura all’aria. Credo che siamo rimasti veramente in pochi in tutta Italia a non usare le celle per la stagionatura dei prosciutti. (sorride) Questo permette a qualunque tipo di insaccato di offrire un’ampia gamma di profumi e sapori che vengono indubbiamente apprezzati e fanno percepire la vera differenza rispetto ad un prodotto industriale. Paolo Massobrio, giornalista enogastronomico molto conosciuto, dice che il nostro è il miglior prosciutto a livello nazionale e lo ha scritto anche nella sua famosa guida “Cento cose buone d’Italia”.

A proposito di Cose buone d’Italia: cosa vi è successo nel 2009?
La nostra macelleria è stata premiata insieme ad altre come una delle migliori d’Italia: questo ovviamente non è stato un premio all’estetica del nostro locale, ma al nostro lavoro, inteso come prodotti, accoglienza e professionalità.

E’ vero che siete tra gli ultimi custodi della “Mortadella di Prato”?
Sì. Mio padre la sapeva fare, ma morì prima di trasmettermi i segreti di questo salume che oggi la Regione Toscana sta riconoscendo quale patrimonio gastronomico del nostro territorio con la sigla I.G.P. (Indicazione Geografica, Protetta). Così circa venti anni fa sono andato da vecchi maestri norcini e mi sono fatto insegnare i loro segreti. Certamente la mortadella che facciamo noi oggi ha un gusto più delicato sia come qualità di carni che come speziatura, però rispetta in tutto e per tutto le linee guida della ricetta tradizionale. Attualmente siamo in cinque produttori tra Prato e Pistoia a tenere in vita questo salume che è inserito anche nei prodotti protetti Slow Food.

Oggi è più semplice produrre salumi?
No, perché è di minor qualità la carne. Gli animali vengono allevati troppo velocemente e la materia prima risulta meno resistente anche alla stagionatura.

Possiamo dire che lei è un “esperto di ciccia”?
Non solo. (sorride) A Ribolla, nel grossetano abbiamo cinquanta ettari di terreno in cui sono stati impiantati venticinque ettari di vigna con una potenzialità di più di trecento mila bottiglie per volta. Tutto questo ha dato vita a un vino, il Fortediga. L’anno scorso a Roma ci hanno premiato come terzo miglior vino d’Italia in rapporto qualità-prezzo.

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