di Marco Bagnoli
dicembre 2024
Marco Vanni è un giovane aglianese di trentadue anni, porta la barba, ma soprattutto è un artista. Che un giorno lo sarebbe diventato non era affatto così chiaro, quand’era ancora un bambino. Nessun altro in famiglia si dilettava con l’arte, e anche Marco metteva tutto il suo impegno a scarabocchiare e dipingere in giro, riservando poco interesse per i fumetti.
Crescendo, i suoi fogli cominciarono a riempirsi con qualcosa di più consistente, perlomeno di tutto quello che rubacchiava ai grandi artisti, loro sì, cui si ispirava e ancora si ispira: De Chirico, Dalì, ma anche Milo Manara. È forse sobillato da cotanti geniacci che pensò bene di andare a studiare all’Istituto d’Arte di Quarrata, sotto Architettura. Certo, architettura l’aveva portata in fondo, ma solo “per disperazione”: proprio non gli piaceva e non ne poteva più. Meglio allora iscriversi all’Università di Padova, per studiare moda e potersi finalmente esprimere. E perseguendo questo indirizzo, si laurea nel 2017. A questo punto della storia la grande alchimia è ormai perfettamente orchestrata: Marco Vanni diventa un artista peculiare, uno che di mestiere fa lo stilista in un ricamificio di moda, ma che è anche e soprattutto un illustratore, e che nei suoi disegni ci mette anche molto del suo mestiere tra ago e filo.
La sintesi che si viene a manifestare nei suoi lavori mette assieme i manichini e le forme allungate un po’ alla De Chirico, assieme al gusto tutto surrealista di Dalì nel ritrarre la figura umana nascosta, alterata, come sotto l’imbottitura di una bambola di pezza. E infatti spesso queste figure denunciano la mancanza di qualche arto, ma in modo incruento, come appena disassemblato dal resto del pupazzo. Il colore, vivace come in Dalì, è quello mutevole dell’acquerello, che Marco riscopre ad una mostra di Manara. I volti sono minimamente accennati, sagomati, e poi con un solo occhio, che non è nemmeno un occhio ma è un bottone!… E dire che Marco sembrava un così bravo ragazzo. Scherzi a parte, con le sue creazioni il nostro artista ha trovato posti dove esporre, e dove fare ammirare il suo stile, alla fine comunque un po’ “fumettoso”. E “creepy”, ovverosia un po’ dark, un po’ macabro, eppure giocoso e variopinto, un po’ come un film di Tim Burton. E infatti a Marco i suoi film piacciono molto. Una volta ha allestito una mostra di disegni con bambini nel cimitero, molto “cringe” e molto “creepy”, ma allo stesso tempo colorati e allegri.
Il 4 luglio scorso una mostra di sue opere è stata aperta al pubblico nei locali del Caffè Pasticceria Bohero di Pistoia. A dargli manforte c’era la sua amica Giusy Cumbo, pittrice, pure lei di Agliana: è sua la copertina dell’ultimo CD di Nick Becattini, un grandissimo musicista che ci ha lasciato troppo presto. I 32 disegni realizzati da Marco hanno ritratto, a modo suo, altrettanti personaggi della storia dell’arte, dalla “Ragazza col turbante” di Vermeer, a Frida Khalo, fino a Dante Alighieri, dal 1400 fino al contemporaneo, compresa “L’ultima cena” di Leonardo, sulla bocca di tutti i dibattiti dopo l’apertura delle Olimpiadi di Parigi. E da ora in poi, oltre a sognare di lavorare in una galleria tutta piena di quadri suoi, Marco progetta di iscriversi a un corso di laurea in Storia dell’Arte, per poter lavorare davvero in un museo. E per questo dicembre ci annuncia una mostra diffusa nei locali del centro di Pistoia, per tutto il mese. Quindi lui sogna, ma voi state svegli: be awake, be creepy!