Maurizio Fedi – musicista

Maurizio Fedi – musicista

di Marco Bagnoli

dicembre 2012

Facciamo la conoscenza di Maurizio Fedi, un sampierano DOC che si è fatto apprezzare da un capo a l’altro del globo, eppure preferisce l’Italia: ora ci spiega perché.

 

In che modo è cominciata la tua avventura con la musica? Qualcun altro in casa suonava uno strumento?

No, semplicemente alle medie, qui a Agliana, il mio insegnante di musica mi consigliò di proseguire gli studi al conservatorio, perché secondo lui ero portato – così ho seguito il consiglio; ma mio padre, anche se era un appassionato di musica lirica non la prese bene. A lui, che era contadino, gli sembrava qualcosa di poco pratico, che non garantiva nulla di concreto. Per i primi cinque anni ho avuto a che fare con una certa diffidenza da parte sua.

So che sei passato dal flauto dolce “d’ordinanza” a qualcosa di più convincente, il fagotto.

Sì, per un mio gusto personale e per i suoni caldi, nonostante tutti gli strumenti siano ugualmente belli; in più c’era anche una certa curiosità in quanto allora era uno strumento poco conosciuto, così come oggi. In genere si pensa sia uno strumento d’accompagnamento, invece non è così, in ambito orchestrale ha più di quattrocento soli importanti, dalla “Sagra della primavera” di Stravinskij, ai 36 concerti di Vivaldi; certo non quanto quelli per violino, ma resta comunque uno strumento importante, solista, fa la parte dei bassi ed esegue l’armonia, quindi…

E in ogni caso lo studio e l’attenzione che ci sono dietro sono uguali per tutti.

Il fagotto sono sette anni di conservatorio; e poi, essendo meno praticato, le opportunità lavorative sono maggiori; il solo inconveniente, oggi come allora, è il costo. Un buon fagotto professionale parte dai 15.000 euro, mentre uno da studente va sui 3.000, per questo le scuole di musica lo mettono a disposizione degli allievi, come alla Mabellini di Pistoia, dove ho studiato e dove adesso insegno, in modo da non mettere in difficoltà la famiglia.

Sei nato nel 1969, a che età hai cominciato a suonare il fagotto?

Nell’84, a quattordici anni, e mi sono diplomato nel ’90; poi ho fatto due anni di perfezionamento a Roma, con un maestro, privatamente, e poi un anno all’Accademia di Vienna, con Turcovich. La mia carriera è cominciata con la musica da camera, già nel 1991 sono andato a fare il mio primo concerto in Giappone, fino al ’98; mi piaceva molto la musica da camera, perché un quintetto può scegliersi i pezzi molto più agevolmente di uno strumentista inserito in un’orchestra, dove la parte ti viene assegnata ed è quella, solo che con la musica da camera in Italia non ci vivi, ti devi appoggiare all’estero: in Giappone volendo ci riesci.

La più belle soddisfazione?

Quando abbiamo suonato in Giappone, al palazzo imperiale per l’imperatore e l’imperatrice che ci avevano invitato per contraccambiare la loro visita in Italia del ’93, quando incontrarono lo scultore Vivarelli che aveva realizzato “l’Inno alla vita”, inserito nel memoriale di Nagasaki.

Davvero una bella soddisfazione!

Sì e anche mio padre cominciò a essere un po’ più tranquillo, vedendo che comunque c’erano queste opportunità lavorative.

Hai girato il mondo, eppure dici di non poter stare lontano dall’Italia, perché?

Quello che trovi all’estero è l’opportunità di poter vivere con quella che è la tua passione e il tuo lavoro, la musica: al di là degli stipendi, che sono tranquillamente il doppio di quelli che abbiamo qua, è soprattutto l’attenzione per la musica classica che hanno all’estero. Addirittura in Argentina, all’epoca della crisi che la colpì, i teatri erano pieni, e quando distribuivamo fuori del teatro i biglietti omaggio che noi musicisti avevamo a disposizione, vedevamo che c’era un attento interesso e conoscenza del repertorio; non parliamo poi dei paesi di lingua tedesca, dove l’insegnamento della musica è inserito nelle scuole, o anche in Inghilterra, dove comunque tutti suonano uno strumento, magari anche solo a livello amatoriale.

E allora che ci stai a fare qua?

A parte che nel 2009 ho conosciuto mia moglie, e adesso ho un bimbo di sedici mesi; il fatto è che, almeno per me, la musica non è tutto: dopo lo studio, dopo le prove e l’esibizione mi piace staccare, pensare ad altro e mi sono reso conto che la qualità della vita in giro per il mondo risente molto dei fattori climatici, ambientali, della cucina, ma anche del fatto di ritrovarsi alla sera da solo in una stanza d’albergo, per non parlare dello stress. Io non potrei vivere neanche in una grande città come Roma; infatti all’epoca, prima di trasferirmici, ho sempre fatto la spola con l’eurostar e i mie colleghi mi dicevano che comunque ci mettevo meno tempo di quello che serviva a loro per attraversare la città.

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