di Marco Bagnoli
giugno 2014
È uno dei nostri concittadini più illustri, impassibile e inamovibile all’indomito incedere dei tempi, un po’ defilato dalle piazze e dalle vie nelle quali tutti gli altri si affannano davanti al pungolo delle mode. È il monumento al contadino, una presenza talmente familiare da scomparire quasi agli occhi di qualcuno; le nostre fonti di prima mano rinfrescheranno la memoria ai più, in quest’estate così mediterranea, eppure europea.
Domenica 2 aprile 1989 l’allora sindaco Marco Giunti taglia la striscia alle 10 e 45, alla presenza del proposto di San Piero don Franco Leporatti, di alcuni altri assessori, del presidente provinciale della Federcaccia, e di quelli nazionali di Confagricoltura e Coldiretti. La felice concomitanza dell’inaugurazione con la sesta edizione della Sagra Venatoria ha assicurato la presenza di una folta fetta di cittadinanza, subito pronta a ravvisare nel bronzeo baffuto un volto tipicamente nostrano, al limite quasi ricalcato sui tratti di qualcuno in particolare. Don Franco si è quindi prodigato in una benedizione, coll’auspicio di una quanto prima rivalsa degli antichi valori del mondo contadino, salutati in questa piazzetta delle Erbe, dai versi appositamente composti dal nostro Giovanni da San Piero “O contadino ormai tu hai trionfato / per te comincian tempi belli / sul piedistallo ti hanno incoronato / non vai più nella stalla tra i vitelli”, e a seguire le restanti tre quartine. Esibizione dei Tigrotti e majorettes.
Certo, c’è ancora altro da dire – e non mi riferisco all’accanita competizione canora riservata a tordi bottaio, sassello e merli, tenutasi quella stessa mattina nel parco delle suore mantellate – e tantomeno all’esaltante esposizione di armi antiche allestita dalla stessa Federcaccia, tra le quali un calibro 12 del 1825 per la caccia al bisonte e il “cannone” adottato da Puccini per gli uccelli del padule (oltre al fucile calibro 24 fabbricato dal compaesano Erasmo Lombardi e alla spingarda di Manfredi Ricasoli): il monumento, che sembra bell’e pronto ad aspettarci, calmo, con la giacca sulle spalle, era stato fortemente voluto da un personaggio che nella cronaca dell’epoca non figura, forse per modestia sua, forse perché già parte di un sentire collettivo, come una presenza che si può al limite anche non vedere, ma che c’è – un po’ come il contadino del monumento – Ovidio Sgatti, recentemente scomparso. Racconta Ovidio “Una sera avevo a cena l’ex sindaco Giunti, l’allora maresciallo dei carabinieri, dirigenti della Banca Toscana, il proposto e i cacciatori. L’idea di un monumento alla civiltà contadina mi ronzava nella testa da parecchio tempo. Non come capriccio, ma come sentimento d’affetto. Belluno aveva dedicato un monumento ai carregai (costruttori di sedie), Trento agli arrotini, Limonaia di Piemonte agli ombrellai. Perchè non i contadini? Furono tutti d’accordo e in breve tempo il progetto è diventato realtà.”
La statua è opera dello scultoree aglianese Raffaele del Corso, fattivamente finanziata dai cacciatori locali; all’epoca dichiarata come la seconda in Italia, mentre nel febbraio 2003 il comunicato stampa riguardante la puntata di Sereno variabile sul pistoiese la promuove addirittura unica al mondo; un database al riguardo oggi non c’è, ma è interessante quella “al contadino di mare” della riviera ligure, o il “monumento al villano” di Pitigliano.