Realdo Tonti – poeta dell’ottava rima

Realdo Tonti – poeta dell’ottava rima

di Piera Salvi. Foto: Adriano Tesi

settembre 2014

Realdo Tonti, ex cardatore, più noto come poeta estemporaneo dell’ottava rima e cantastorie ci confida: «Ho 79 anni, l’altra mia passione è la caccia al cinghiale, sull’Appennino, che richiede molte energie. Ogni anno dico: questo è l’ultimo. Ma torno sempre».

 Qual è il suo segreto per restare giovane anche con il passare degli anni?

Quello che fa stare bene o male è soprattutto la parte psicologica. Nessuno ci ha insegnato ad ascoltare la parte psicologica di noi stessi. Sono necessarie le antenne per captare le nostre passioni naturali. Abbiamo bisogno di vivere emozioni che vanno a colmare i problemi dell’inconscio. La conoscenza di queste cose mi ha dato serenità, cercando sempre compagnia per stare bene in allegria.

 Com’è nata la sua passione per l’ottava rima?

Sono un’autodidatta. Da bambino mi sono fermato alla terza elementare, a causa della guerra. Dopo una ventina d’anni ho conseguito la licenza elementare alla scuola serale, ma ho sempre avuto un grande desiderio di apprendere e una grande passione per la lettura. I miei autori preferiti da ragazzo erano Jack London, Steinbeck, Cronin, Voltaire; poi il Tasso, l’Ariosto. Attratto dalla psicologia e dalla filosofia, ho attinto molto da Freud e Kant. Da adolescente mi piaceva ascoltare gli improvvisatori in ottava rima, per esempio in piazza IV Novembre, da Isaia, dove c’era la mescita di vino e spuntini. C’era la Guglielma, la mamma di Isaia, che cucinava. Gli avventori menestrellavano davanti a un fiasco di vino, dopo aver mangiato pesciolini oppure migliacci. Questo accadeva dal periodo della seconda guerra mondiale fino al 1948.

Lei quando ha cominciato a cantare ottave in pubblico?

Negli anni Settanta, quando c’è stata una riscoperta di quest’arte, che negli Cinquanta e Sessanta era caduta in letargo, salvo qualche eccellenza, come Mario Andreini o Altamante Logli. Con Logli ho fatto contrasti (gare di versi improvvisati, ndr) fino agli anni Duemila. Anche mio padre, Ademo, che conosceva la Divina commedia a memoria, aveva una bella voce baritonale e si dilettava nelle ottave. Andava alle Due botteghe e gli dicevano: Tonti canta. A suonare la chitarra ho imparato a 48 anni. Fu un patto con il mio amico Magnino Magni. Io gli insegnavo a cantar di poesia e lui mi insegnava a suonare la chitarra. Poi ho comprato dei manuali e ho cominciato a strimpellare.

 Come è arrivato a portare le sue ottave anche all’estero?

La prima volta ho cantato a Marsiglia, su invito dell’associazione Talvera e di Aimo Mucci, docente all’università di Tolosa, originario dell’Appennino pistoiese. Poi ho cantato in Svizzera. Durante un’esposizione per promuovere i prodotti italiani in Germania, sono stato scelto per lo stand dei prodotti toscani: brigidini e specialità senesi. Attiravo i visitatori con le mie ottave. Inoltre sono stato invitato in varie università italiane, come Bologna, Pisa, Siena e in istituti di scuola superiore.

E vanta serate con artisti come Lisetta Luchini e Giovanna Marini, mentre tra i suoi sfidanti a colpi di ottave c’è anche Roberto Benigni…

Sì, una volta a Vergaio e nel 1983 a Carmignano, alla Sagra del vino: eravamo sei poeti contro Benigni, siamo andati avanti per due ore. 

E quando Guccini le chiese l’endecasillabo?

Fu negli anni Ottanta a Bonelle e da lì nacque la nostra amicizia. Ero andato con Magnino al concerto di Francesco Guccini. Magnino voleva conoscerlo, parlare con lui. Così dopo il concerto restammo a cena al circolo; Guccini era seduto dietro di noi. Cominciai a cantare in ottava rima per attirare la sua attenzione, ma Guccini restava impassibile. Allora decisi di chiudere così: “A questo punto Magnino andiamo via, perché a Guccini un gli garba la poesia”. Lui si voltò di scatto e disse: “Voglio l’endecasillabo”. Poi ci chiamò al suo tavolo. Così diventammo amici e lo siamo ancora. 

Quali sensazioni prova a cantar di poesia?

Mi fa stare bene. E’ una concentrazione mentale, ma il verso parte dal petto e arriva alla testa. Nel contrasto ci sono eccitazioni di gioia, ma si prova anche disagio quando siamo in difficoltà. L’ottava rima è anche un legame con la società contadina, che non spezza i sentimenti con la natura. 

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