di Marco Bagnoli
settembre 2018
Approfittiamo di un tardo pomeriggio nel fresco di un’estate già inoltrata per andare un po’ indietro con la memoria. Ci raccontano tutto Alfio Giacomelli e Fabio Gori, che all’epoca dei fatti non erano ancora nati. Siamo nell’estate del 1944, e da un anno circa la penisola è in mano all’occupazione straniera.
La prima storia è quella della mamma di Alfio, Rita Fedi di Giovanni. Rita è originaria di Canapale, ma da sposata è ritornata di casa in via Branaccia alla Ferruccia. All’epoca ha appena trentasei anni. Apparentemente non c’è nulla di strano nella sua vita, eppure Rita nasconde un segreto: è ormai un annetto o due che porta di nascosto viveri e vestiti ad una sua amica di Chiazzano. Questa amica, che forse è anche lei uno dei tramiti, fa in modo che questa roba venga consegnata ai partigiani. Forse questi partigiani sono in contatto diretto con gli inglesi del comando alleato, forse Rita è stata segnalata dal gruppo partigiano, visto che dopo la guerra il Maresciallo britannico comandante supremo delle forze alleate nel Mediterraneo le rilascia un attestato di “gratitudine e riconoscimento per l’aiuto dato ai membri delle Forze Armate degli Alleati che li ha messi in grado di evadere od evitare di essere catturati dal nemico”.
L’altra storia ce la racconta Fabio, amico di Alfio e un tempo suo vicino di casa. Questa vicenda riguarda il suo babbo, Edo Gori. Edo, in quell’estate “calda” del ’44 era da poco sposato e in casa ospitava un paio di sorelle sfollate da Prato con relativi mariti. Come se non fosse già a sufficienza, pensò bene di accogliere sotto il suo tetto anche un paracadutista inglese sfuggito ai tedeschi. Edo aveva già preparato un nascondiglio in casa per sé e la sua famiglia, ma questo si adattò benissimo anche per George – questo il nome del soldato. Questa bella pensata gli venne col comando tedesco giusto a un tiro di schioppo, installato com’era a Villa Baldi. Come nel caso di Rita anche per Edo entrano in gioco i parenti poco contenti di quello che i stava combinando; ma loro giustamente proseguirono per la loro strada. Com’è come non è un giorno una zia di Prato si accorse che stavano arrivando due tedeschi per la strada. È molto probabile che qualcuno del paese avesse fatto una soffiata. Edo cercò subito di far uscire il soldato dalla porta della cantina sul retro, per farlo nascondere in una frasca in attesa del termine della perquisizione, ma quelli erano già pronti col fucile e spararono due colpi sulla porta chiusa. Allora Edo lo infilò tra le balle di paglia del fienile e così la scampò, perché i tedeschi entrarono ma non buttarono all’aria niente e se ne andarono. La sera stessa George pensò bene di togliere il disturbo, perché era troppo il rischio per la famiglia Gori. Anche Edo, come Rita, ha ricevuto dopo la guerra il nel certificato di riconoscenza.
Ps: alla notizia di essere inviso a certi parenti di idee avverse, pare che un giorno Edo si presentasse al dopolavoro con la pistola infilata nella cintola dei pantaloni, tanto per far capire che aria tirasse. La stessa aria fresca che c’è adesso e purifica un po’ la terra dall’aria opprimente e soffocante.