di Marco Bagnoli
maggio 2011
Sulle origini del nome Agliana ci sarebbe da discuterne. Lo stemma comunale ce lo mostra strettamente correlato al candido frutto della terra, che si erge vitale dalla palude; ma a sentire gli anziani si tratta di una pura e semplice assonanza, in mancanza di dati storici su cui poggiarlo. Come in tutte le cose c’è però un fondo di verità, proprio quel fondo stagnante e limaccioso da cui germoglia l’aglio in questione: la zona, anticamente, era tutta palude. In principio era un lago, forse, in epoca post-pliocenica, quando l’uomo non c’era e la piana era sommersa. Ed è certo che le acque dei torrenti Bure, Brana, Ombrone, Agna, non trovando sbocco in Arno ristagnassero nel territorio, causando malattia ed insalubrità. Ecco allora una relazione ben più circostanziata, Agliana da Agna. La terra emerse dalle acque al che l’Ombrone, valicata la stretta gola della Gonfolina, poté alfine riversarsi in Arno. E se la natura di per sé già si adoperava nel limarne l’accesso, il sospetto che la mano dell’uomo abbia stretto i tempi si fa pressante. Quando questo taglio sia stato inferto non è dato saperlo; furono magari gli Etruschi, fumosi e senza voce come non mai, stanziali nella zona. Dalle parti di Tizzana si diceva fosse opera del leggendario Beato Serafi, anche se effettivamente i monaci c’entrarono, più che altro nella sistemazione degli argini.
Ad ogni modo, parlando degli Etruschi si parla anche dei Romani. E i Romani, adesso come allora, non vengono certo per farci un favore: stando alla Tabula Peutingeriana, una carta itineraria del IV secolo d.C. redatta per noi in una copia duecentesca, esisteva una località denominata Hellana. E il suo significato resta a noi oscuro. Era però situata tra Pistoriae e Florentia, lungo la Cassia, opera strategica per consentire di andare a fare la guerra alle tribù dei liguri, verso la fine del secondo secolo a.C.
Nel corso dei secoli successivi si verifica un processo di evoluzione del nome, fino all’anno mille, che attesta contemporaneamente Alina, Allina, Aliana, Alliana, Allana, Agliana. E lo stesso percorso segue il fiume, riportato come Alina, Allina e Agna. Sono infatti di quest’epoca i primi documenti notarili, testimonianza dell’intensa attività di scambi e compravendita tanto della città che della campagna; il Libro Croce riporta una serie di atti datati a diversi intervalli dal 1022 al 1140, tutti erogati prope castellum de alliana, quindi una sede notarile, indice di una prosperità economica notevole per l’epoca. Comunque sia, verso la fine del trecento è ormai di uso corrente l’attuale Agliana. Ed è sempre il Libro Croce a darci notizia delle irruzioni degli Ungheri e dei Saraceni, un’autentica calamità per le campagne della prima metà del X secolo. Pistoia, divenuta uno dei centri principali nella Tuscia dell’età Longobarda, sotto i Franchi cadde in penosa decandenza e con essa tutto il contado attorno, preda del latifondo feudale e di un’assoluta immobilità economica. Sono poche le tracce di elementi germanici, eppure proprio presso Agliana dovette stazionare una colonia di Alamanni, come ci racconta la località Alamannesco, da cui Ommannesco, fra la Salcetana e la Brana, o forse da Ausmans, goto. Allo stesso modo sia Terra Bethinga che Terra Loteringa e Terra Gerardinga sono a denominazioni longobarde di località del territorio aglianese. E contro i Lombardi Pistoia lottò con le armi a Vignole e Agliana. La popolazione diminuì, crebbe la miseria, le vie si resero insicure per il brigantaggio. Si costruirono abbazie e ospitia in soccorso del pellegrino e del viandante, tra i quali quella di San Salvatore in Agna e Spedalino Asnelli, Hospitale de Osnello, su iniziativa, appunto, del monaco Osnello, nel 1162. Spedalino Asnelli viene così ad aggiungersi alle altre località che sono giunte fino a noi: era il XI secolo quando Agliana vide un’importante espansione topografica, passando da singolo insediamento ad una sorta di microregione, dove risultano i possedimenti dei vescovi di Pistoia, tra cui un castello qui dicitur Aliano, documentato già dal 1050, che si ipotizza ubicato dove è oggi la chiesa di San Niccolò. Il nuovo tracciato della Cassia non fece che favorire questi nuovi poli di aggregazione, che si costituirono in tre piccoli villaggi: San Michele, in località Vacchereccia, San Niccolò e San Piero, ciascuno ben presto dotato di una propria chiesa.