Alberto Mariotti – in arte Samuel Katarro

Alberto Mariotti – in arte Samuel Katarro

di David Colzi

novembre 2011

Sabato 22 ottobre, sfogliando la pagina dedicata alla cultura de Il Fatto Quotidiano (giornale a tiratura nazionale), mi è capitato di leggere il seguente articolo: Ode al caro estinto. Le belle parole oggi non suonano più. In sostanza Andrea Scanzi ha fatto un chek up alla scena cantautorale nostrana e, come si capisce dal titolo, il risultato è stato piuttosto modesto: si parla di “una categoria fuori tempo massimo” e di “una crisi forse irreversibile” per idee e contenuti. A conclusione un box intitolato:“Note meno dolenti. La leva canora degli anni zero”. E qui si fanno dieci nomi di giovani artisti italiani che dovrebbero raccogliere l’eredità dei nostri grandi del passato. Le pagelline assegnate non sono sempre benevole, ma alla posizione numero sette si legge: “Samuel Katarro. Si chiama Alberto Mariotti e a dispetto del nome d’arte è bravo. Non distante da Syd Barret, ha pochissimo di italiano.” Bene: siamo andati a conoscerlo.

Musicalmente, come nasce Alberto Mariotti?
Tutto è iniziato con mio padre che si comprò una chitarra con l’intenzione di imparare a suonarla, anche se poi la “strimpellavo” io perchè lui non aveva molto tempo per dedicarvisi. Così mi divertivo a riprendere le canzoni che mi piacevano. Poi a tredici anni ho deciso di prendere delle lezioni per perfezionarmi. Il mio maestro Diego mi presentò Fabrizio, un tastierista della mia età con cui iniziai a suonare cover dei Pink Floyd, P.F.M. e via di seguito. Così nell’estate del ‘99, a quattordici anni, misi su il mio primo gruppo con lui. Nel 2000/2001 arrivarono anche i primi pezzi scritti da noi.

Le prime soddisfazioni?
Con questo gruppo, i “Radio 85” siamo arrivati a Sanremo Rock con i primi due pezzi scritti da noi, finiti quindici giorni prima di partecipare. Il risultato fu ottimo perché arrivammo in finale ottenendo anche dei riconoscimenti. Certo, all’epoca avevo solo sedici anni, quindi ho vissuto il tutto come un’avventura, senza rendermi conto di cosa stessi facendo.

Probabilmente era destino…
Pensa che prima di allora non avevo mai scritto niente! Questo mi ha permesso di acquisire più fiducia nelle mie capacità e da allora non mi sono più fermato. Infatti nel 2003 i “Radio 85” si sciolsero e mi gettai in un nuovo progetto con Stefano Venturini, montalese, che oggi suona nei “Ka mate Ka ora”, ma purtroppo anche quella band finì in poco tempo.
(foto di Antonio Viscido)

Così arriviamo all’anno della svolta.
Vero. Era il 2006 ed mi sentivo molto demotivato perchè non riuscivo ad avere un progetto duraturo a livello musicale. Prima di appendere “la chitarra al chiodo”, decisi di fare una cosa tutta mia: così nacque il progetto solista Samuel Katarro fatto di voce e chitarra. Dopo qualche mese che avevo iniziato questo percorso, e dopo due live a Montale, vinsi il Rock Contest di Controradio. Questo traguardo segnò lo spartiacque fra la musica vissuta come hobby e una visione più professionale di quello che avevo intenzione di fare.

E cosa hai fatto?
Inanzitutto grazie a quella vittoria ho potuto farmi conoscere oltre i confini di Pistoia ed ho aperto concerti di artisti come Jon Spencer, Pere Ubu e Cristina Donà; poi ho calcato palchi prestigiosi come quello di Italia Wave. Insomma ho imparato molto in quei due anni, soprattutto ad affrontare il live da solo.

Poi è arrivato nel 2008 Beach Party, un grande successo: giusto?
In effetti mi sono molto sorpreso del successo ottenuto anche perchè la genesi del disco non è stata “molto ortodossa”. Dopo aver vinto il Rock Contest avevo la possibilità di stare cinque giorni in sala registrazione al “Larione 10” di Firenze per incidere un mio lavoro. Purtroppo avevo solo tre pezzi, quindi in poco tempo ho dovuto preparare il resto della track list prevalentemente da solo. Poi quando sono arrivato in studio mi sono improvvisato anche alla parte ritmica, usando percussioni trovate lì. Alla fine ci sono stato solo due giorni in più per registrare le voci e a maggio 2007, il disco era pronto. Ma solo dopo un’anno è uscito in commercio perchè ho curato molto il mixaggio e la post produzione, e poi ho cercato una etichetta discografica.

Pubblico e critica concordi?
Sì, ed anche riviste come Rolling Stone e XL ne hanno parlato molto bene. Addirittura XL lo proclamò disco del mese con una recensione di due pagine. Mentre nell’ambiente underground il disco era atteso perché mi ero dato un gran d’affare suonando live, quindi non ero proprio sconosciuto al pubblico.

Altre soddisfazioni?
Nel Settembre 2009 ho incontrato Patti Smith al teatro del Sale di Firenze, ricevendo numerosi complimenti dalla “sacerdotessa del rock” in persona. Pochi mesi dopo, in occasione del MEI di Faenza, ho ricevuto il premio “Fuori dal Mucchio” che ha definito “Beach Party” miglior album italiano d’esordio. Mentre nel 2010 mi hanno dato il premio come “Miglior artista solista”.

Ci sono in zona nuovi gruppi interessanti?
Oltre ai già citati “Ka mate Ka ora” di Montale, ci sono i “S.U.S.” a Pistoia, poi c’è Lorenzo Maffucci con il progetto “Mangiacassette”, a Prato ci sono i “Baby Blue” e a Firenze i “Bad Apple Sons”. Insomma la scena musicale è molto vitale anche se non c’è un genere preciso di riferimento.

Oggi continui a suonare da solo?
Non più, anche se il riavvicinamento alla band è stato graduale: già in Beach Party c’era un pezzo in cui duettavo con Francesco D’Elia, il polistrumentista che oggi mi accompagna nei miei live. Dopo quella collaborazione iniziai a chiamarlo anche quando mi trovavo a suonare nella nostra zona e così i pezzi che facevamo insieme divennero sempre di più. Così nel secondo disco, The Halfduck Mystery, ho voluto, oltre a Francesco, anche Simone Vassallo alla parte ritmica: loro sono la mia “Tragic Band”. Adesso, in tre, ci stiamo preparando a fare il terzo album come Samuel Katarro: inizieremo a registrarlo nei primi mesi del 2012.

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