di Massimo Cappelli
settembre 2014
Nn sapendo quello ke scrivere pr qst concludendo vgl scrivere nl linguaggio che un tempo si usava per gli sms, visto ke cmq molti lo usano ankora oggi pr i post su fb e anke pr le mail.
Ora, non essendo laureato in lettere e non avendo nemmeno fatto le scuole alte, come direbbe il mio amico Roberto Prioreschi, (in effetti le elementari invece le ho fatte in Folonica, non saremo a Buriano, ma nemmeno nel Mollungo), forse non avrò il diritto di indignarmi al pari di un cultore della lingua italiana o come un membro dell’Accademia della Crusca. Vi confesso però che questo linguaggio in codice, queste piccole nuove espressioni della nostra lingua adatte solo allo scrivere veloce come esige la comunicazione elettronica, mi fanno prendere la scossa… al cervello.
Non mi fraintendete, non sono contro la tecnologia, no! Anche io uso il computer e ho uno smartphone, uso la posta elettronica che, soprattutto per lo scambio quasi quotidiano di grossi file, nel mio lavoro, mi ha cambiato in meglio la vita. Uso l’iPad, in tutte le sue funzioni, anche solo per prendere degli appunti, per lo meno… ci rileggo. Quindi, sono a favore di questi nuovi strumenti di comunicazione, perché il mondo cambia, la tecnologia è parte integrante di questo cambiamento e non va demonizzata, poiché essa, non è né buona né cattiva; è l’uso che ne facciamo, che fa la differenza.
Come centinaia di milioni di persone nel mondo, (forse miliardi) da qualche anno anche io ho il mio profilo Facebook, dove pubblico i miei post e le mie foto, più o meno frequentemente e dove con migliaia di persone scambio ogni giorno, idee, opinioni e convinzioni. Navigando però, mi rendo conto che, come si è stravolto il modo di scrivere a cui mi riferivo all’inizio, da molti viene frainteso anche l’uso che dovrebbe esser fatto dei social network. Innanzitutto mi pare che sia stato frainteso il termine “amici”, che deve essere a parer mio, solo un’espressione di concetto. Non per niente su Facebook sono “amici” anche i fratelli, i genitori, i parenti, ma anche persone lontane e sconosciute, con le quali non ci siamo mai incontrati. Non devono quindi essere confusi i veri valori con l’effimero; i social, vanno ritenuti solo una realtà alternativa, una piazza virtuale dove scambiarsi informazioni.
Credo anche che non dovremmo sovraccaricare la rete di “orpelli elettronici” come selfie di piedi nudi al mare o altro materiale inutile che serve solo alla propria auto-celebrazione. Visto che fra un centinaio di anni saremo sicuramente ricordati come il periodo storico dove il “niente” ha fatto da padrone, dove sono contati solo l’apparire e l’avere, dovremmo pertanto iniziare ad usare questa nuova opportunità per trasmetterci contenuti veri, positività, stati d’animo, emozioni, ricordi, buonumore o quant’altro possa arricchire la nostra interiorità e la nostra esistenza. Prima dell’avvento dei social network, comunicare a migliaia di persone in un colpo solo era privilegio solo di pochi; potevano farlo solamente coloro che avevano a che fare con la radio, con la televisione, i giornalisti e gli opinionisti, i comunicatori insomma. Oggi invece, tutti possiamo dare il nostro contributo alla società, grazie a queste nuove tecnologie, ognuno può esprimersi divulgando in massa il suo pensiero, condividendo con altri le proprie idee cercando, nel suo piccolo, di lasciare un po’ di sé al suo passaggio e provocando reazioni emotive nei loro interlocutori. Secondo me questo è un buon modo di usare i social nerwork.
A proposito di social network, siamo proprio sicuri che questo nome sia veramente azzeccato? Il termine social deriva senza ombra di dubbio dal verbo “socializzare”, che vuol dire incontrarsi, comunicare, condividere. Tuttavia leggendo alcuni post si intuisce che siamo tutti sempre più soli a navigare in rete, per cui, ben venga la nuova piazza virtuale, ma non dimentichiamoci che l’homo sapiens ha inventato il linguaggio, e comunicando usa da sempre tutti e cinque i sensi; per cui evitiamo di rinchiuderci in una stanza e usciamo. E quando ci parliamo, guardiamoci in faccia… alla faccia di Facebook.