di Giacomo Bini
settembre 2015
1200 abitanti e 1050 conti correnti postali all’ufficio del paese. Questo dice molto, ma non tutto di quello che rappresenta l’ufficio postale per una comunità come quella di Tobbiana. Non è solo un servizio indispensabile per la popolazione, ma è anche un segno che il paese è vivo e ci si può abitare con gli stessi diritti dei residenti dei centri più grandi. Per questo i cittadini di Tobbiana si sono mobilitati dal febbraio scorso, da quando, come un fulmine a ciel sereno, arrivò la notizia che l’Amministrazione delle Poste voleva chiudere 65 uffici nella regione Toscana. All’inizio ci fu incredulità, perché solo due anni prima avevano chiuso l’ufficio del paese vicino, Fognano, e si pensava che quello di Tobbiana fosse ormai in salvo. Dopo lo stupore è subentrata la rabbia e una ferma e civile protesta per il mantenimento delle Poste nel paese.
Tobbiana era definito da Gherardo Nerucci, nel 1863, «un luogo dove vive un popolo industre e commerciante», un popolo che aveva l’orgoglio e la costanza di lottare per ciò che gli spettava, per esempio, a quell’epoca, una strada decente di collegamento con la pianura. E per avere la strada la gente di Tobbiana scrisse una petizione al Prefetto con le firme di tutti gli abitanti del paese. A distanza di 150 anni siamo di nuovo alle petizioni, alle manifestazioni di protesta per ottenere i servizi minimi, ciò che le città e i paesi di pianura possiedono senza nemmeno aver bisogno di chiederli.
Il 5 settembre scorso, di sabato mattina, a manifestare davanti all’ufficio postale che doveva chiudere il lunedì successivo, c’erano soprattutto anziani, persone di 80 e 90 anni, alcuni appoggiati al bastone, dignitosi, indignati. Gente che in vita sua non aveva mai esibito uno striscione o uno slogan era lì a dire: «Ci siamo anche noi, meritiamo rispetto». «Fo tre passi su una mattonella» diceva uno di loro «come faccio ad andare a Montale? I figli lavorano, non voglio essere di peso, qui invece posso andare da solo a riscuotere la pensione e a pagare le bollette».
L’ufficio postale consente agli anziani del paese di essere autonomi e anche di muoversi da casa, di incontrare gente e di fare una chiacchierata mentre aspettano il turno allo sportello. Vaglielo a dire a questi anziani, che le nuove tecnologie possono sostituire gli uffici con il cosiddetto “postino digitale”, cioè con servizi on line. A parte che le Poste non hanno proposto di soppiantare il sistema tradizionale con un sistema nuovo ma hanno semplicemente tagliato, chiuso le porte e basta. Inoltre a Tobbiana sono abituati ad avere un rapporto amichevole con il postino e con l’impiegato dell’ufficio che spesso vanno oltre il loro compito e aiutano e consigliano le persone del posto.
Va poi ricordato che l’ufficio postale di Tobbiana è l’unico rimasto sulla collina di Montale dopo la chiusura di quello di Fognano avvenuta nel 2012 e quindi è un punto di riferimento per una popolazione di oltre duemila persone ed il bacino d’utenza è ancora più largo se si considera che diversi cittadini di Montale erano abituati ad andare alle Poste di Tobbiana per evitare le file. Infatti l’ufficio del capoluogo di Montale è spesso affollato, non ha parcheggi, si trova in una strada senza sfondo; non sembra quindi pronto a ricevere altri flussi di utenza. Il Comune di Montale, insieme a tutti gli altri comuni toscani interessati, ha fatto ricorso al Tar. Per 26 comuni il Tar si è pronunciato il 5 settembre disponendo la sospensiva dell’atto di chiusura. Ma su quello di Tobbiana il giorno 5 il Tar non si era ancora pronunciato e l’amministrazione delle Poste è andata avanti con la chiusura. L’ufficio di Tobbiana ha chiuso i battenti lunedì 7 settembre. Il Comune ha organizzato un bus navetta e uno sportello per gli anziani del paese.
Il 18 settembre è arrivata la sentenza del Tar anche per Tobbiana, con la decisione della sospensiva. Dunque in applicazione della sentenza l’ufficio dovrà essere riaperto. Intanto i comuni ricorrenti aspettano la sentenza definitiva del Tar. Mentre scriviamo queste righe si è riaccesa la speranza.