di David Colzi
dicembre 2018
Montale si sa, è terra di tabernacoli, censiti fra l’altro in un bel libro di Andrea Bolognesi e Alfo Signorini dal titolo “Tabernacoli e religiosità popolare nel territorio di Montale”, pubblicato nel 2006 per Settegiorni editore. Noi, accompagnati da Bruno Tempestini “Ispettore onorario della sovrintendenza archeologica per le zone di Montale, Agliana e Montemurlo”, siamo andati a visitarne uno in via Croce di Vizzano – località Canneto, tanto bello quanto rovinato, la cui struttura è probabilmente fra le più antiche del nostro territorio, perché si pensa risalente almeno al XVIII secolo. Si trova al margine dei campi sotto la villa di Vizzano, eretto su un muro di contenimento, circondato da ulivi e situato proprio all’incrocio di due vie (non potrebbe essere altrimenti), segnalato da un alto cipresso che si trova lì al suo fianco. Quella principale è appunto via Croce, mentre al fianco dell’albero parte uno stradello che si snoda per i campi. L’edicola è stata realizzata in mattoni e in pietra alberese, un materiale di cui sono ricchi i nostri colli, conosciuto già dagli Etruschi per le sue proprietà impermeabili.
Il primo segnale che ci fa capire il suo stato di degrado, lo si vede confrontando una foto scattata in loco da Bruno Tempestini nel 1995 e quella realizzata da noi per questo articolo, perché si nota subito come l’ultimo brandello di intonaco bianco che ricopriva la parte esterna del monumento, sia oggi scomparso. Va infatti considerato che tutta l’edicola in origine era intonacata e pitturata, ma oggi sopravvivono solo alcuni sbiaditissimi cenni di blu sulle pareti interne, mentre quelli sulla volta, presenti ancora nel ‘95, sono spariti. Non va meglio per l’affresco dentro la nicchia, attribuito a Fabio Casanova, pittore attivo a Montale nei primi anni del XX secolo, e raffigurante San Vincenzo Ferreri. A tutt’oggi, rispetto a 23 anni fa, la pittura ha ancora più crepe e alcuni pezzi si sono staccati e sbriciolati, come quello all’altezza dell’ala destra e della spalla sinistra, entrambi presenti nel 1995: «Ancora 20 anni e non resterà più niente» commenta con amarezza Tempestini. Quindi è troppo tardi per il recupero dell’effige del santo? «Una cosa che si potrebbe fare è fermare il degrado con un restauro appropriato che eviti ulteriori danni, consolidando ciò che resta;» suggerisce Tempestini «perché ormai quel che è perso è perso».
Lo sconforto aumenta se si guarda la mensola interna, dove una volta venivano messe composizioni floreali e candele votive durante le processioni agresti annuali dette Rogazioni, che ora invece ospita solo calcinacci e pezzi di tegole; l’ultima testimonianza di devozione pare essere una piantina di plastica, arroccata fra i detriti in basso a sinistra.
Mal ridotto è anche il tetto dell’edicola, il cui pregio è sottolineato da Tempestini soprattutto per la qualità delle sue tegole. Sull’origine di queste, particolarmente grandi e ben affusolate, il nostro “ispettore onorario” avanza l’ipotesi che chi ha realizzato l’opera si sia servito alla fornace antica che si trovava al Trincerone. La copertura, a forma di piramide bassa, in origine era sormontata da una croce ora caduta, come ci informa il libro di Bolognesi – Signorini. Oggi questo monumento popolare può sembrare ai margini del paese, ma probabilmente nei secoli scorsi la zona doveva essere più transitata, dato che conta nel suo percorso altri 4 tabernacoli, che come sappiamo avevano funzioni sia religiose, sia di punti di riferimento in un mondo contadino privo di segnaletica stradale.
Sullo stato di abbandono dell’edicola di Canneto, venne già pubblicato un articolo su “La Nazione” nel giugno del 2011 a firma del nostro Giacomo Bini, nella cui conclusione si trovava un appello di Tempestini che troviamo opportuno riproporre: «Ora è il momento di effettuare un restauro come è stato fatto per altri tabernacoli di Montale, con il concorso di diversi enti sia pubblici che privati e anche di singoli cittadini e imprese. E’ uno sforzo indispensabile non solo per tutelare la memoria storica del paese ma anche per valorizzarne il paesaggio».