di David Colzi
marzo 2015
L’autofficina Vivarelli è un’istituzione a Montale, ed il suo nome è indissolubilmente legato al fondatore Rutilio, anche se da quest’anno al timone ci sono i figli Marco e Monica.
Fondata nel 1955, inizialmente si trovava in un piccolo garage in via dei Martiri della Libertà, ed è stata la prima autofficina del nostro comune. Rutilio, che all’epoca era un ragazzo di 22 anni ricorda: «Ero molto giovane, ma avevo già un’esperienza decennale, acquisita lavorando in una grossa officina di Prato, di proprietà di un montalese, Giovanni Tronci. Fu lui a convincermi a mettermi in proprio, in quanto aveva un’ulteriore officina a Montale in via dei Martiri, di cui non riusciva ad occuparsi e pensava che io fossi la persona giusta per quel lavoro». Così, il giovane Rutilio che aveva iniziato a lavorare quando le auto erano la “Balilla”, la “Topolino” e la “Giardinetta”, si ritrovò in una Montale non ancora motorizzata, dove l’auto l’aveva il dottore e pochi altri. Nel 1959, per esigenze di spazio, l’officina si spostò in via Sem Benelli, dove si trova tutt’ora, e grazie all’aiuto di Roberto Salvestrini, che aveva una concessionaria Fiat a Pistoia, Rutilio Vivarelli poté, come ci dice lui, «Avere il cartello», cioè installare l’insegna che lo certificava come affiliato alla casa d’auto torinese: una collaborazione questa che dura tutt’oggi. «Avere l’autorizzazione per essere officina – concessionaria non era cosa da poco.» ricorda Vivarelli. «La Fiat inviava un ispettore direttamente da Torino, che oltre a visitare la ditta e documentarsi su tutto, pretendeva garanzie sulla serietà del titolare, come le fedina penale pulita e la mancanza di protesti; insomma l’immagine dell’azienda doveva essere tutelata».
Una curiosità: fra i vari requisiti richiesti per essere un’officina – concessionaria Fiat, c’era anche quello di dotare la propria struttura di una zona per il lavaggio auto. «Lavare il sotto delle auto aiutava a smontarle,» precisa Rutilio «perché quella era un’epoca in cui i pezzi si riparavano e all’occorrenza si “ingrassavano” per non fargli fare rumore. Oggi, invece, se c’è un problema, si cambia tutto il blocco». Così, in un batter d’occhio, passò un’intera decade e il benessere economico arrivò, forte e chiaro, anche nella piccola Montale. Rutilio ricorda ancora il boom della Fiat 128, che nella versione familiare, divenne uno dei nuovi simboli della prosperità italiana. Con disinvoltura ci snocciola, uno dietro l’altro, tutti i nomi delle auto passate tra le sue sapienti mani, ricordando i pregi di ciascuna: Fiat 500, Fiat 600, Fiat 850, Fiat 1100; auto che crescevano in volume, come crescevano le famiglie.
Tra la fine degli anni ‘80 e i primi ‘90, sono entrati in ditta Monica e Marco: la prima come segretaria d’azienda, il secondo come aiutante, che ha iniziato da apprendista, lavando le auto dei clienti: «Da questo punto di vista, il babbo non mi ha fatto sconti» dice sorridendo Marco. Ora siamo al presente e chiediamo a Marco se ci sono novità in arrivo dalla nuova gestione: «Ci stiamo attrezzando per offrire assistenza anche sui pneumatici, completando così i nostri servizi». Voi siete la seconda generazione: arriverà anche la terza? «C’è mio figlio Flavio di 13 anni» ci dice Monica «che dimostra passione per i motori e spesso è qui in officina con lo zio Marco. Io come mamma, spero pensi prima allo studio, e poi vedremo…»
Concludiamo con un po’ di rammarico. Infatti per 10 anni, dal 2000 al 2010, ogni anno Montale è stata teatro di un rinomato raduno di Fiat 500, creato con passione da Marco Vivarelli, e dai suoi amici, Niccolino D’Anna e Sereno Fausto, fondatori anche del “Gruppo Fiat 500 Montale”. Ma da 5 anni questa manifestazione si è interrotta. Perché? «Perché tutto è diventato negli anni più complicato,» dice Marco «soprattutto in termini di burocrazia e di reperimento risorse, nonostante la disponibilità dell’amministrazione comunale. Noi lo facevamo solo per passione, per far conoscere Montale all’esterno, e per far lavorare i commercianti del nostro Comune; alla fine il tempo e la dedizione non sono più bastati».