di Marco Bagnoli
Rappresenta sicuramente un motivo d’orgoglio per ogni abitante di Montale e chi resta indifferente, o non ha orecchio, o non ha cuore. Questa storia comincia nel lontano 1885, quando viene fondata la “Filarmonica Fognanese”, degna evoluzione dell’originaria formazione mandolinistica. Sono scarse e fumose le notizie sui suoi primi anni di vita, scricchiolano e si sbriciolano come un sigaro toscano. A cavallo delle due guerre prende la bacchetta il Maestro Enrico Barni, sotto la cui direzione la banda rinasce e prospera per molti anni. Quando la Guerra fredda è ormai prossima allo scongelamento, si verifica un passaggio importante per la filarmonica: viene eletto alla presidenza del consiglio direttivo Stefano Arnetoli, giovane, in gamba, animato dal giusto spirito per smuovere e rivitalizzare la banda nell’imminenza del suo primo centenario; al suo fianco c’è Fabio Gherardini, un collaboratore prezioso, il presidente attualmente in carica. Nel frattempo il suo nome è cambiato in “Corpo musicale Giuseppe Verdi” e i suoi componenti, i giovani e quelli meno giovani, possono affermare con sicurezza di essere qualcosa di più di un gruppo di gente che soffia dentro l’ottone: sono un gruppo di amici, una famiglia. Non sono pochi i rapporti di parentela tra le fila ingiacchettate: madri e figli, fidanzati, qualcuno porta la ragazza, qualcun altro trova moglie. È una casa sicura in cui crescere assieme agli altri, i più piccoli con i più grandi.
Ma siccome un po’ di musica bisognerà comunque suonarla, ecco che si provvede ad un rinforzino anche sul versante del pentagramma; i muscoli per questo lavoro ce li mette un nuovo maestro, il professor Mario Scavuzzo, clarinettista, 21 anni appena. È lui che si prende cura dei musicisti, una sera la settimana, approntando gli arrangiamenti e componendo all’occorrenza del materiale originale. Ancora non lo sanno, ma un giorno incideranno un disco tutto loro, “Ecco la banda”, pubblicato poco prima della fine del millennio. Controparte insostituibile dell’ensemble è il capobanda, Nicola Mainardi, che apre il corteo e tiene in ordine i ranghi di marcia, oltre a suonare egli stesso uno strumento – un tandem di ruoli, quello tra maestro e capobanda, finalizzato ad ottimizzare la concentrazione delle prove e lo slancio della performance. La banda dà il meglio di sé in occasione del suo compleanno, celebrato nell’88, in modo memorabile. Negli anni immediatamente successivi il gruppo cresce di numero, si fa bello con le nuove divise e guarda fiducioso il futu ro. E infatti, nel 1994, non si fa scappare l’occasione di andare a Roma per suonare nell’Aula Nervi; e seduto davanti a loro c’è Giovanni Paolo II. Una grande emozione, che dura ancora oggi. Un po’ per festeggiare e un po’ per riprendersi, i nostri stringono allora amicizia con la sezione Alpini di Firenze, altra grande famiglia nella famiglia, assieme alla quale girano l’Italia gagliarda ed entusiasta dei raduni Nazionali: l’ultimo è stato a Bolzano, banco di prova del musicista più piccolo, di soli sette anni.
Le occasioni d’incontro si rinnovano coi gemellaggi stretti col “Corpo bandistico Quirino Manzini” di Montese e il “Coro di Montepiano”, che coi nostri condivide, oltre la passione, persino lo stesso direttore. Una pagina irrecuperabile della loro storia viene però a strapparsi nel 1997, quando muore in un incidente automobilistico la loro amica Romina Betti: Romina ha soltanto ventinove anni, faceva parte del consiglio, ma soprattutto, nella banda, lei c’era cresciuta, essendovi entrata quando era una bambina, all’età di dieci anni. A lei viene intitolata la scuola di musica, che coi suoi 50 allievi sembra prometterci un’altra festa di centenario, a cui tutti siamo già invitati: è infatti nella scuola che studiano gli strumentisti e coloro che ambiscono ad entrare in banda. Il contributo di Romina si è rivelato fondamentale nel rendere tangibile un piccolo-grande sogno, che di anno in anno ha finito col mettere i capelli bianchi: quello di poter disporre di una nuova sede, di una casa meno angusta di quella attuale, piccola, bassa, anche se amatissima, certo. Questo disegno di fantasia, che entro breve sarà realtà, è stato colorato con fatica, pazienza, passandosi i pastelli fino a che ciascuno – ciascuno di loro e ciascuno di voi – non fosse riuscito a dare il suo contributo; e la Banda vi ringrazia, di tutto cuore, mettendoci ancora più fiato e ancora più forza.