di Marco Bagnoli. Foto: Gabriele Bellini.
giugno 2014
Esistono alcune strade e alcune piazze senza le quali non riconosceremmo il paese nel quale viviamo; alcune di esse poi, come certi monumenti, o come certe panchine piantate per terra, sembrano essere al loro posto da sempre – più lontane delle certezze dei vecchi, che hanno da tempo imparato a riposare loro sopra. Anche l’albergo ristorante “Il Cochino” sembra esser stato costruito assieme alla via che lo ospita – e in un certo senso è vero.
Ettore, il “cochino” della nostra generazione, ci fornisce un’indicazione di massima, ma è verosimile pensare che suo nonno, Ettore, morto prima che lui nascesse, avesse il negozio all’incirca all’epoca della divisione del comune di Montale da quello di Agliana, avvenuta nel 1914 – se non già da prima. L’indirizzo era quasi lo stesso, poco più avanti lungo la via; l’attività svolta non può che incuriosire noi “moderni”, dal momento che accanto ad un barettino con vendita di salumi, il piatto forte del locale era costituito dalla sala per il gioco delle carte dei vecchini di allora. Il sabato e la domenica la sala cambiava volto; si vestiva di tovaglia e diventava una sala ristorante a tutti gli effetti; oltre a questo lui si recava presso le famiglie per cucinare, magari in occasione di feste e ricorrenze. Verso il 1928-’30 il locale si trasferisce nella sede attuale di via Fratelli Masini, al contempo abitazione e bottega degli Sbrinci – ormai per tutti “il Cochino”, per via che nonno Ettore non era molto alto; a questo punto della storia entra in scena Ilario, il figlio, che affianca il babbo davanti ai fornelli e in giro, presso le famiglie a cui piaceva mangiare bene.
Nel 1938 Ilario eredita il titolo di cuoco e l’intera attività, operando quell’ampliamento decisivo all’orientamento del locale: innalza l’edificio e realizza alcune camere da poter affittare, mentre la moglie, Rita, gli tiene testa in cucina. Ettore parte militare all’età di 21 anni, con qualche grillo per il capo e poca voglia di restare nell’attività di famiglia, nonostante fosse comunque un aiuto costante; un giorno Ilario lo va a trovare a Foligno, per avere un’opinione sul possibile ampliamento del locale, dal momento che sul retro si affacciava una piccola corte. L’operazione resta in sospeso con la morte di Ilario, neanche una settimana più tardi di quell’incontro; a questo punto, rientrato a casa e congedato, ne parla con la madre Rita, e siccome la sorella Franca era già sposata a Firenze, decide di provarci – dopotutto una certa esperienza se l’era pur fatta.
È l’eterna storia della freschezza e dell’ingenuità della gioventù, che il più delle volte produce dei buoni risultati: Ettore realizza e amplia quelle modifiche pensate dal babbo – “Il Cochino” diventa un ristorante a tutti gli effetti, mettendosi contro la temibile casta dei giocatori di carte, “buttati fuori” dal locale per allestire una sala espressamente dedicata al ristorante; a dargli manforte sua moglie, Elena, sposata nel 1968. Alla lunga, l’idea di trasferire i recalcitranti “omini” nella zona del bar, non ha impedito una rassegnata migrazione verso la casa del popolo. I tempi stavano cambiando, via Fratelli Masini era piena di attività commerciali e “Il Cochino” inaugurava ufficialmente la sua attività di ristorante con rosticceria. Inutile dire che già Ilario s’era fatto un nome – trippa alla fiorentina, ribollita, migliacci, lampredotto – prelibatezze oggi, figuriamoci “all’epoca”. L’inizio della gestione di Ettore comportò quasi subito anche la scomparsa del bar, in mancanza dei necessari avventori delle carte. Negli anni, ai tempi che “il lavoro non mancava per nessuno”, ha assunto via via un cuoco e altri lavoranti per aiutare in cucina, due o tre camerieri per la sua capienza massima di 250 persone – fino al progetto di un’ulteriore sviluppo dell’edificio, che ormai si era fatto grande ed era diventato un albergo a tutti gli effetti.
La storia de “Il Cochino”, e con essa anche un pezzo – anzi, un boccone – della storia di Montale, prosegue oggi con Andrea, il figlio maggiore, mentre suo fratello Lorenzo è arrivato addirittura in Australia pur di seguire la sua vocazione di cuoco e pasticcere; ad ogni modo tutti quelli che si trovano bene a Montale, la strada del buon gusto ce l’hanno sotto casa.